Dopo cinque giorni di nuvole minacciose, ma senza
pioggia, venerdì finalmente Giove Pluvio ha deciso di aprire le cateratte del
cielo e riversare di botto quello che a lungo aveva promesso. Dato che il clima
non avrebbe permesso alcun lavoro di fuori, Peter, il padrone di casa, ci ha
chiesto se non avessimo voluto venire con lui “a lavoro”.
Peter è un “avvocato rurale”, uno di quelli che
prende le cause che nessuno vuole prendere, o perché non piace trattare con
agricoltori e fattori, o perché spaventa un pochino difendere questi dai
ricchissimi proprietari di miniere che, come in qualsiasi altra parte del mondo
fanno la voce grossa, potenti dei quattrini che guadagnano con le loro attività
estrattive.
Questa volta l’hanno chiamato da Wollar,
appena 220 km a sud di Gunnedah, per
rifarsi dei danni subiti da una vicina miniera di carbone…
È
curioso vedere come nel ventunesimo secolo si estragga ancora carbone per
produrre energia elettrica.
Ma
perché non riabilitare il treno a vapore, o il praticissimo ferro da stiro a
brace, e perché no, anche il lavaggio dei panni al fiume… Ah, già! Non lo
facciamo perché la scienza e il progresso dell’ultimo secolo ci hanno portato
qualche passo in avanti! Chissà perché, però, a chi ci comanda piace così tanto
rimanere nel passato producendo energia da fonti non rinnovabili quali petrolio
e carbone… suona un tantino stupido, se non proprio criminale.
Attraversiamo montagne, boschi stupendi, mentre i canguri
saltano nelle praterie. Poi, ecco la miniera, in realtà splendida nel suo
apparato tecnologico, elegante nel suo essere uniformemente nero-brillante. I
giganteschi camion da cava salgono e scendono le rampe scomparendo nelle
profondità di questa giovane attività estrattiva a cielo aperto che in soli sei
anni hanno cambiato incredibilmente il territorio.
Arriviamo a casa del gruppo di allevatori che ha
deciso di mettersi contro la miniera: sono tutti over 60, tutti hanno passato
la vita in pace in questo posto paradisiaco poi, tutto un tratto, sono iniziati
ad arrivare camion e ruspe. Wollar contava forse cento anime, sei anni fa, ma
la miniera ha iniziato a comprare uno a uno i terreni interessati, pagando
tantissimo per comprare anche il silenzio di chi se ne andava… volevano evitare
azioni legali preventive, e ci sono riusciti.
Cava di basalto |
Solo che su cento persone, se togli sette o otto
famiglie, hai dato una bella botta all’economia della comunità, per cui il
meccanico non aveva più clienti e se n’è andato, il negoziante di generi di
prima necessità ha fatto lo stesso… il primo centro è a 60 chilometri e anche
solo per cambiare la ruota a un trattore passano giorni. Come se non bastasse,
la miniera fa brillare le cariche una o due volte al giorno, rompendo la quiete
della campagna non solo alle persone, ma anche al bestiame che diventa
irrequieto e difficile da gestire.
Purtroppo la miniera non la possono fermare: è
tutto in regola. L’unica cosa che possono fare è aggrapparsi a un cavillo per
costringere la miniera a comprare le loro proprietà, quelle in cui hanno vissuto
per decenni ma che a queste condizioni e con l’età che avanza non si possono
più permettere di portare avanti.
Sono gentili, simpatici e alla mano; la discussione
si tiene a un tavolo lungo, con tè, caffè e biscottini… poi si pranza tutti
insieme, scambiando battute… si è subito in famiglia.
È difficile non prendere a cuore il problema di
questa gente, una volta che la si è conosciuta, mentre è più difficile prendere
a cuore i problemi di chi non si conosce. La miniera compra le terre nel
silenzio, senza conoscere le persone che distruggerà; chi la gestisce, incurante
del danno e insensibile a qualsiasi preghiera continua il lavoro divorando
suolo e anime.
In settimana uno degli amici di Peter ci ha
proposto di visitare la sua cava di basalto, così ne abbiamo approfittato per
vedere da vicino un altro tipo di attività estrattiva e i macchinari in azione;
se si trascura il rumore dei veicoli e delle spaccasassi, l’impatto ambientale
è molto minore di quello di una miniera di carbone. Inoltre a pochissimi metri
dal sito di estrazione c’era un koala che mangiava incurante la sua dose
quotidiana di foglie di eucalipto.
Un po’ come a dire: “uomo, nun te temo”.
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