martedì 11 giugno 2013

Fra tazze di tè e canguri



Quando ci si trova immersi nella natura, uno dei primi cambiamenti in cui ci si imbatte è la percezione del tempo: nell’assenza della frenesia cittadina dovuta al progresso tecnologico e ai “necessari” ritmi del business, i giorni si susseguono lasciando il tempo di guardare la natura, porsi delle domande, ed eventualmente trovare anche le risposte. C’è tempo per tutto. C’è il tempo per lavorare, per chiacchierare, per riposarsi, per pensare, per una passeggiata, per un tè… niente è così urgente da impedire di respirare.

Una delle poche mansioni vitali è raccogliere la legna per le varie stufe, tagliarla se troppo grossa, scegliendo i legni giusti: quello che brucia più rapidamente, quello medio, e quello durissimo e pesantissimo che dura per ore nella stufa. Sono tutte varietà di eucalipto, ma con qualità talmente diverse tra loro da permetterne usi molto diversi. Ovviamente si raccoglie coi guanti da muratore, visto che qui il ragno non perdona. Ma nemmeno disturba: ho visto solo un White Tail, e nemmeno di dimensioni ragguardevoli. E ancora non ho visto un Huntsman, ragnone che arriva facilmente ai 20 cm di larghezza ma che a differenza dell’altro non è mortale. Effettivamente, prese le dovute precauzioni l’Australia non è così pericolosa. Certo, tutto rimane potenzialmente mortale, ma ammazza di più lo stress da ufficio che qualche serpente e qualche ragno australiano.

Ogni giorno abbiamo occasione di vedere qualche canguro, sia esso un piccolo wallaby o il canguro grigio, di taglia media. Abbiamo un opossum molto amichevole che si fa avvicinare parecchio mentre mangia qualche avanzo di cucina, e ogni tanto passa nel cielo il cacatoa nero (Calyptorhynchus funereus, Calyptorhynchus lathami), con la sua apertura alare ben superiore al metro e il suo verso tutt’altro che aggraziato (come del resto anche il suo volo! Pare volare con una svogliatezza senza pari); abbiamo avuto anche modo di vedere l’aquila cuneata (Aquila audax), che dai duemila metri d’altezza sorvola i boschi con più di due metri di apertura alare, e qualche emù (lo struzzo australiano, curiosamente non marsupiale) in libertà, purtroppo troppo lontani per permettere una foto decente (abbiamo apparecchiature tutt’altro che professionali!). Tra l’altro una notte ci siamo ritrovati anche un pipistrellino a svolazzare per la camera: entrato da un buco di areazione, per tirarlo fuori ho dovuto armarmi di coperta per acchiapparlo al volo (e per punizione, una bella foto!).

Ma ancora non abbiamo visto un vombato. Pare ce lo facciano apposta. Scorazzano per tutto il territorio, facendo buchi di notevoli dimensioni, si grattano la schiena sugli angoli delle casette degli altri abitanti del posto, cacano letteralmente ovunque, ma ancora non siamo riusciti a vederne uno!

In compenso sono riuscito a trovare (e fotografare) una tana di queste muscolosissime palle di pelo! Se avete un giardino e vi lamentate delle talpe, non venite in Australia: in un buco di vombato ci fate tranquillamente rotolare un cocomero! Ci hanno spiegato che solitamente si fanno una tana con quattro o più accessi, così se si sentono alle strette hanno sempre una via di fuga per svignarsela.

Dato che il nostro monaco deve presto andare in Tibet, ogni tanto si esce a piedi per andare a trovare i vicini: sta cercando di mettersi in forma in modo da reggere le lunghe camminate a oltre 4000 metri di altezza, dove l’ossigeno scarseggia facendo sentire molto di più la fatica. Veniamo così a conoscere la storia del posto: negli anni ’70 un ricco americano parecchio hippy decise di spendere tutti i suoi averi in 250 ettari di foresta accanto allo Snowy River, fondando quella che in Italia potremmo definire una “comune”. Di fatto è molto lungi dalle “comuni” nostrane, in quanto si basa su un abitare sparso, in cui si collabora per le imprese comuni, ma dove ognuno vive per conto proprio, cercando di vivere in un regime il più autarchico possibile. Le persone di cui si è circondato sono tutte molto particolari, affascinanti, strane, e di sicuro c’è tanto da apprendere.

Intanto a Jampal piace come lavoriamo, così ha deciso di tenerci una settimana in più: anche se niente di quello che facciamo è veramente urgente, ci piace portare a termine i lavori del giorno nel minor tempo possibile, così possiamo avere più tempo per fare ciò che ci pare e piace! Scorazzare tra i boschi alla ricerca di animali, fotografare, chiacchierare, prendersi una tazza di tè…




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