L'acqua schizza alta ai lati dell'autobus mentre
attraversiamo le campagne del Gippsland. La pioggia scende fina sui pascoli
che si estendono a perdita d'occhio. Amélie accanto a me guarda dal
finestrino sperando di vedere il suo primo canguro, ma non sembra una gran
giornata da canguri: qualche albero, molte mucche, il cielo grigio, ma ho il
sorriso stampato sulla faccia perché finalmente, dopo sei mesi di vita
melbourniana, sono di nuovo in viaggio e vedrò qualcosa di nuovo.
L’autobus procede a velocità costante nei
lunghissimi rettilinei. Solo qualche rotonda ogni tanto, quando ci si avvicina
a qualche centro urbano. Che poi chiamarli centri urbani è un parolone: la
maggior parte sono una manciata di negozi a ridosso della strada principale e
qualche casetta di contorno, stile Far West…
Finalmente arriviamo a Bairnsdale e abbiamo qualche
mezz’ora di attesa prima che arrivi a prenderci il nostro monaco. Ci diamo
così alle amene letture da stazione, ovvero orari dei treni, eventi in zona e
dépliant turistici; in uno di questi spicca una ricetta tradizionale del
luogo: la trota al forno in carta di giornale. Prendete una trota,
avvolgetela in fogli bagnati del vostro quotidiano preferito previa
speziatura a piacimento e posizionatela in forno fino a essiccamento dei
fogli… che leccornia… chissà che nel paese vicino non facciano il cosciotto di
pollo rifritto del catrame. De-li-zio-so.
Arriva il nostro monaco tibetano: Jampal. Ce lo
aspettavamo almeno un pochino orientale, e invece ci si presenta quest’omone
dalla faccia britannica e la tunica rossa! Dopo le presentazioni saliamo sul
suo furgoncino bianco (un Toyota HiAce del 1995), con solo i sedili davanti.
Dato che dobbiamo prendere un altro passeggero Ame e io optiamo per stare nel
retro, comodamente sdraiati su un materassino che fa molto futon (tipico
materasso giapponese in cotone). Mentre procediamo, ormai a un’ora di
distanza da Bairnsdale, Jampal si ferma e ci comunica che quella era la
nostra ultima possibilità per mandare un messaggio col cellulare, perché da
lì in avanti non c’era più campo. Ci affrettiamo a comunicare la nostra posizione
e condizione ad amici & parenti (non si sa mai), e ripartiamo. Dopo
mezz’ora imbocchiamo una strada sterrata ed iniziano i 100 acri del centro
buddhista tibetano Siba. Ad accoglierci due canguri grigi, madre e figlio,
che saltellano frettolosamente via dal rumore della furgone.
La struttura è nel mezzo del verde, composta da tre
templi, un “albergo” (villette a schiera che scendono su un lato della
collina), una sala comune con annessa la cucina e alcuni bungalow sparsi tra
gli altissimi alberi di eucalipto. Ed è lì che veniamo posizionati: un
bellissimo bungalow tutto per noi! Quattro letti, ma ci viene garantito che
non verrà nessun altro, per cui per i prossimi 15 giorni sarà casa nostra!
Tutto in legno da cima a fondo, vetrate che affacciano sulla vallata, una
piccolissima ma efficacissima stufa in ghisa, lavandino e bollitore
elettrico.
La domenica mattina appena svegliati ci affacciamo
alla finestra: a poche decine di metri i Canguri pascolano tranquilli, ma gli
basta un semplice movimento delle tende per metterli in guardia e farli
scappare. Ci sono tantissimi pappagalli e altri uccelli, e tra questi i
kookaburra, che all’alba “ridono” svegliando tutto il bosco.
Si sta benissimo: 4-6 ore di lavoro al giorno tra
giardino, raccolta legna e cucina, e ci si gode la natura australiana!
Finalmente una bella boccata d’aria pura!
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lunedì 3 giugno 2013
Aria pura
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