lunedì 3 giugno 2013

Aria pura



L'acqua schizza alta ai lati dell'autobus mentre attraversiamo le campagne del Gippsland. La pioggia scende fina sui pascoli che si estendono a perdita d'occhio. Amélie accanto a me guarda dal finestrino sperando di vedere il suo primo canguro, ma non sembra una gran giornata da canguri: qualche albero, molte mucche, il cielo grigio, ma ho il sorriso stampato sulla faccia perché finalmente, dopo sei mesi di vita melbourniana, sono di nuovo in viaggio e vedrò qualcosa di nuovo.

L’autobus procede a velocità costante nei lunghissimi rettilinei. Solo qualche rotonda ogni tanto, quando ci si avvicina a qualche centro urbano. Che poi chiamarli centri urbani è un parolone: la maggior parte sono una manciata di negozi a ridosso della strada principale e qualche casetta di contorno, stile Far West… 

Finalmente arriviamo a Bairnsdale e abbiamo qualche mezz’ora di attesa prima che arrivi a prenderci il nostro monaco. Ci diamo così alle amene letture da stazione, ovvero orari dei treni, eventi in zona e dépliant turistici; in uno di questi spicca una ricetta tradizionale del luogo: la trota al forno in carta di giornale. Prendete una trota, avvolgetela in fogli bagnati del vostro quotidiano preferito previa speziatura a piacimento e posizionatela in forno fino a essiccamento dei fogli… che leccornia… chissà che nel paese vicino non facciano il cosciotto di pollo rifritto del catrame. De-li-zio-so.

Arriva il nostro monaco tibetano: Jampal. Ce lo aspettavamo almeno un pochino orientale, e invece ci si presenta quest’omone dalla faccia britannica e la tunica rossa! Dopo le presentazioni saliamo sul suo furgoncino bianco (un Toyota HiAce del 1995), con solo i sedili davanti. Dato che dobbiamo prendere un altro passeggero Ame e io optiamo per stare nel retro, comodamente sdraiati su un materassino che fa molto futon (tipico materasso giapponese in cotone). Mentre procediamo, ormai a un’ora di distanza da Bairnsdale, Jampal si ferma e ci comunica che quella era la nostra ultima possibilità per mandare un messaggio col cellulare, perché da lì in avanti non c’era più campo. Ci affrettiamo a comunicare la nostra posizione e condizione ad amici & parenti (non si sa mai), e ripartiamo. Dopo mezz’ora imbocchiamo una strada sterrata ed iniziano i 100 acri del centro buddhista tibetano Siba. Ad accoglierci due canguri grigi, madre e figlio, che saltellano frettolosamente via dal rumore della furgone. 

La struttura è nel mezzo del verde, composta da tre templi, un “albergo” (villette a schiera che scendono su un lato della collina), una sala comune con annessa la cucina e alcuni bungalow sparsi tra gli altissimi alberi di eucalipto. Ed è lì che veniamo posizionati: un bellissimo bungalow tutto per noi! Quattro letti, ma ci viene garantito che non verrà nessun altro, per cui per i prossimi 15 giorni sarà casa nostra! Tutto in legno da cima a fondo, vetrate che affacciano sulla vallata, una piccolissima ma efficacissima stufa in ghisa, lavandino e bollitore elettrico. 

La domenica mattina appena svegliati ci affacciamo alla finestra: a poche decine di metri i Canguri pascolano tranquilli, ma gli basta un semplice movimento delle tende per metterli in guardia e farli scappare. Ci sono tantissimi pappagalli e altri uccelli, e tra questi i kookaburra, che all’alba “ridono” svegliando tutto il bosco.

Si sta benissimo: 4-6 ore di lavoro al giorno tra giardino, raccolta legna e cucina, e ci si gode la natura australiana! Finalmente una bella boccata d’aria pura!












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