25 Novembre 2014 - Luce soffusa, il
brusio dei passeggeri appena al di sopra del rumore costante dei motori.
Qualche turbolenza. Quanto è grande l’Australia. Siamo partiti da Melbourne da
due ore e ancora non l’abbiamo coperta tutta, di fronte a noi alte sei ore e
mezza di viaggio.
Esattamente due
anni fa partivo da solo per Melbourne con due grosse valige più il bagaglio a
mano. Sembra ieri. Sembra un’eternità. Mi ero portato tutto quello che potevo pensando
che non sarei tornato più a casa se non come turista. Oggi viaggio con la mia
dolce metà, con soli 20 chili più bagaglio a mano, quasi certo che tornerò in
Australia solo da turista.
Quanti vestiti
che ho dovuto dare via… tutto l’armadio in una valigia. E per chi, come me,
viaggia anche con il computer, i chili a disposizione si riducono. Abbiamo
iniziato a fare le valige dieci giorni fa. Ogni giorno si selezionava quello
che non si sarebbe messo più, quello che non si metteva da tempo, quello che si
voleva mettere ma non ce ne è stata occasione. Ogni pezzo di vestiario una
storia, ogni storia un ricordo, ogni pezzo che non entrava in valigia, un pezzo
di me che non è più. Ogni sera, mal di testa. Troppi ricordi da processare per
uno smemorato come me, troppe emozioni, troppe decisioni importanti.
Essenziali. Esistenziali.
Cosa significa
regalare al coinquilino alcune delle belle camicie di ottima qualità. Cosa
significa regalargli gli stivaletti di pelle, quelli che durano, con la suola
in cuoio e nessun pezzo di cartone dentro. Ultimamente mi facevano male ai
piedi, un paio di anni fa mi stavano a pennello… li ho messi tanto, ma sono
ancora in ottimo stato. Magliette, pantaloni, e ancora camicie… quella speravo
che c’entrasse… “Amore, ti ricordi questa? È la prima camicia colorata che ti
ho comprato. Non sapevi come metterla all’inizio, poi non te la sei tolta più”.
Ha il collo consumato. Amo quella camicia, ma quanto la metterò ancora, prima
di lasciarla ad ammuffire in un armadio? Un nodo alla gola. Una parte di me che
non voglio lasciare. Mi tatuo in testa il ricordo, sospiro, la metto nel
mucchio delle cose che non mi seguiranno. Il cappotto in cachemire. Che me lo
sono portato a fare. Idiota. Mi è sempre stato troppo largo. Un ricordo legato
a doppio nodo con l’università. Un cimelio che lascio volentieri, ricordi che
lascio volentieri…
Chi sono io,
oggi. Chi ero. Chi voglio essere. Domande che molti di noi cercano di evitare
sommergendole di quotidiano, quel quotidiano che non ci lascia mai, se non in
piccoli, fatati momenti di lucidità, momenti che facciamo di tutto per farli
sfuggire.
E poi arriva il
lungo viaggio e quella piccola, striminzita valigia.
Nella mia valigia
ora ci sono tante magliette coloratissime, poche camicie, nessuna scarpa
elegante, solo un maglioncino per affrontare l’inverno. Molto meno formale,
molto più libero, molta meno pazienza verso chi mi fa perdere tempo, nessuna
voglia di accettare pesanti compromessi. Viaggio leggero. Tutto ciò che serve è
nella mia testa: ricordi, emozioni.
Mi mancheranno
tante persone dell’Australia, ma non mi manca per niente quello che ero.
Che gran cosa il
viaggio. Che grande opportunità la valigia.
Il brusio dei
passeggeri, il rumore dei motori, qualche turbolenza, sei ore di viaggio di
fronte a noi, l’Australia ancora sotto di noi.
Prossima
destinazione: Bangkok.
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