giovedì 4 dicembre 2014

La valigia



25 Novembre 2014 - Luce soffusa, il brusio dei passeggeri appena al di sopra del rumore costante dei motori. Qualche turbolenza. Quanto è grande l’Australia. Siamo partiti da Melbourne da due ore e ancora non l’abbiamo coperta tutta, di fronte a noi alte sei ore e mezza di viaggio.

Esattamente due anni fa partivo da solo per Melbourne con due grosse valige più il bagaglio a mano. Sembra ieri. Sembra un’eternità. Mi ero portato tutto quello che potevo pensando che non sarei tornato più a casa se non come turista. Oggi viaggio con la mia dolce metà, con soli 20 chili più bagaglio a mano, quasi certo che tornerò in Australia solo da turista.

Quanti vestiti che ho dovuto dare via… tutto l’armadio in una valigia. E per chi, come me, viaggia anche con il computer, i chili a disposizione si riducono. Abbiamo iniziato a fare le valige dieci giorni fa. Ogni giorno si selezionava quello che non si sarebbe messo più, quello che non si metteva da tempo, quello che si voleva mettere ma non ce ne è stata occasione. Ogni pezzo di vestiario una storia, ogni storia un ricordo, ogni pezzo che non entrava in valigia, un pezzo di me che non è più. Ogni sera, mal di testa. Troppi ricordi da processare per uno smemorato come me, troppe emozioni, troppe decisioni importanti. Essenziali. Esistenziali.

Cosa significa regalare al coinquilino alcune delle belle camicie di ottima qualità. Cosa significa regalargli gli stivaletti di pelle, quelli che durano, con la suola in cuoio e nessun pezzo di cartone dentro. Ultimamente mi facevano male ai piedi, un paio di anni fa mi stavano a pennello… li ho messi tanto, ma sono ancora in ottimo stato. Magliette, pantaloni, e ancora camicie… quella speravo che c’entrasse… “Amore, ti ricordi questa? È la prima camicia colorata che ti ho comprato. Non sapevi come metterla all’inizio, poi non te la sei tolta più”. Ha il collo consumato. Amo quella camicia, ma quanto la metterò ancora, prima di lasciarla ad ammuffire in un armadio? Un nodo alla gola. Una parte di me che non voglio lasciare. Mi tatuo in testa il ricordo, sospiro, la metto nel mucchio delle cose che non mi seguiranno. Il cappotto in cachemire. Che me lo sono portato a fare. Idiota. Mi è sempre stato troppo largo. Un ricordo legato a doppio nodo con l’università. Un cimelio che lascio volentieri, ricordi che lascio volentieri…

Chi sono io, oggi. Chi ero. Chi voglio essere. Domande che molti di noi cercano di evitare sommergendole di quotidiano, quel quotidiano che non ci lascia mai, se non in piccoli, fatati momenti di lucidità, momenti che facciamo di tutto per farli sfuggire.
E poi arriva il lungo viaggio e quella piccola, striminzita valigia.

Nella mia valigia ora ci sono tante magliette coloratissime, poche camicie, nessuna scarpa elegante, solo un maglioncino per affrontare l’inverno. Molto meno formale, molto più libero, molta meno pazienza verso chi mi fa perdere tempo, nessuna voglia di accettare pesanti compromessi. Viaggio leggero. Tutto ciò che serve è nella mia testa: ricordi, emozioni.

Mi mancheranno tante persone dell’Australia, ma non mi manca per niente quello che ero.
Che gran cosa il viaggio. Che grande opportunità la valigia.

Il brusio dei passeggeri, il rumore dei motori, qualche turbolenza, sei ore di viaggio di fronte a noi, l’Australia ancora sotto di noi.

Prossima destinazione: Bangkok.

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