mercoledì 24 dicembre 2014

Ayutthaya



Il 2 dicembre prendiamo il treno per Ayutthaya, una settantina di chilometri a nord di Bangkok.
Lasciamo così questa città calda e umida per andare lontano dai grandi centri commerciali e dal traffico. Abbiamo preso il biglietto per la terza classe e al binario ci aspetta un buon vecchio treno diesel con i suoi durissimi sedili. Finestrino aperto, mi godo l’aria sulla faccia. Il tragitto prende un’ora e quarantacinque minuti, ma la prima ora passa senza uscire dalla città. Mi aspettavo di essere catapultato nella giungla ma, al contrario, la città lascia il passo ad una pianura coltivata a perdita d’occhio.

In città siamo ovviamente accolti dai tuk-tuk, che prontamente evitiamo con un “no grazie”: la nostra stanza è relativamente vicina, decidiamo di percorrere il chilometro e mezzo con gli zaini in spalla.

La città è piccola, tranquilla, l’aria è già più respirabile e c’è molta più storia da vedere. Del resto è stata una capitale e ospita le ceneri di grandi monaci e re, ceneri accuratamente riposte negli stupa, che qui si chiamano chedi, e che sono strutture più o meno grandi, da piccolissime a immense, in qualsiasi materiale ma più comunemente in mattoni ricoperti di stucco ma con un tratto essenziale in comune: assomigliano tutti a grosse campane poggiate su piramidi a gradoni.

Così, dopo aver visto una decina di wat (aree templari) in un giorno, tutti contenenti uno o più chedi (inevitabilmente ribattezzati “campanoni”), ne abbiamo avuto decisamente abbastanza.
Non rimane quindi che darsi alla cucina tipica locale.

La cucina tipica dell’area non si genera nei grandi ristoranti o alla corte dei re; al contrario, è fortemente radicata nella strada dove chiunque può mettere su ruote una qualsiasi piastra o griglia o pentola ed iniziare a vendere salsiccette, pesce fritto, animali di ogni sorta più o meno squartati, fritti e rifritti. Basta che si muova.

No, dai, in realtà non mangiano né cane né gatto anzi, questi ultimi sono parecchio amati. Non ho nemmeno visto topi fritti ma dubito che potrei riconoscerne la carne una volta avvolta nella pastella… ma gli insetti sì, quelli ci sono. Grilli, locuste e bachi da seta. Non ne ho visti altri, forse non sono altrettanto gustosi.

Ma c’è una caratteristica trasversale a tutta la cucina thai: il peperoncino. Tanto peperoncino. Ovunque. Anche sulla frutta. Non sto scherzando. E a me piace provare le pietanze secondo il gusto locale! Devo dire che i primi giorni sono stati un mezzo tormento, ma poi mi sono abituato e ora non ne posso più fare a meno! È piacevole vedere i tailandesi stupiti del fatto che possa mangiare le loro stesse cose a colazione, pranzo e cena. Solitamente si fanno delle grasse risate vedendo i faranghi, gli stranieri, morire per un pizzico di peperoncino.

Ma non ci sono solo cibo e wat ad Ayutthaya. C’è anche ciò che rimane dell’antica cavalleria tailandese: quella a dorso di elefante. In questa città, tradizionalmente il re veniva a scegliersi il suo elefante da guerra e sempre qui si addestravano i pachidermi, essenziali per muoversi rapidamente nella giungla. Con l’arrivo di carri armati ed elicotteri l’elefante è passato in secondo piano e con lui gli addestratori e le strutture dell’esercito. Oggi rimane qualche posto per turisti e un centro per elefanti in pensione.
Noi siamo andati in quest’ultimo e siamo stati stupiti nel vedere anche dei cuccioli che scorrazzavano relativamente liberi. In particolare un cucciolo di una ventina di settimane mi aveva preso di mira (forse perché ero l’unico a non scappare?) e non la smetteva di spingermi con la proboscide! C’era anche un elefantino di una settimana e ovviamente si prendeva tutte le attenzioni di donne e bambini.

Ci siamo spostati in bicicletta e, al contrario di quanto ci aspettassimo, i locali hanno avuto molta attenzione nel guidarci accanto senza fare mai niente di azzardato.

Finite le attrazioni del posto decidiamo di proseguire il viaggio verso nord, ma arrivare a Chiang Mai con un solo treno prenderebbe dieci ore. Abbiamo tempo, vogliamo rilassarci, così optiamo per spezzare la tratta in centro, a Phitsanulok. Città totalmente non turistica, ha prezzi bassissimi e nessuna attrazione, ma la gente si rivela finalmente autentica. Troviamo una stanza in una guest house per appena 100 baht a notte, un massaggio di un’ora ai pedi a 120 baht, cena per 50 baht. Tutto ha prezzi thai per gente thai… verrebbe voglia di rimanere di più, ma ci aspetta il treno per Chiang Mai, la capitale del nord.

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