Il primo Opossum visto da Amélie e fotografato con successo! |
È pronto a lasciare Franco
appena fa una mossa falsa. Lo aveva già fatto tre mesi prima, costringendo il
proprietario a un'inaspettata chiusura. E lo rifarà presto.
Martedì lo passo insieme
alla mia dolce metà a spargere CV, pratica ormai usuale anche se mai indolore:
pare che il mio cervello dimentichi facilissimamente tutto ciò che non gli va
di imparare. Il pomeriggio è tempo di riscossione: andare al ristorante per
prelevare i miei sudato 360 dollari. Date le minacce, vere o false che
potessero essere, chiedo a mio cugino Alex di accompagnarmi.
Alex non è il tipo di
persona che vorresti incontrare quando sei da solo in un posto poco
frequentato: nonostante sia una persona dal comportamento ineccepibile e con un
grande cuore, un buono dotato di uno spiccato senso di giustizia, il suo
aspetto può facilmente generare soggezione. Curiosamente in tenuta da ufficio
(camicia, pantalone e scarpe eleganti) la situazione non migliora, anzi.
Insomma, ci dirigiamo al
locale, entro, Alex segue. Franco prima sorride beffardamente, poi vede il
cugino e sgrana gli occhi.
Alex: "Tutto a
posto?"
Franco solleva le
sopracciglia e in una smorfia equivalente al "cosa cavolo sta
succedendo" annuisce senza proferir parola.
Esco coi miei soldi in mano
mentre sghignazzo per la paura che si è presa quella
poco amabile personcina. Un'altra ombra che ora appartiene al passato.
Mercoledì sono in prova per
un nuovo lavoro: riparare i cellulari. La faccenda mi entusiasma, dato che lo
faccio per hobby da tantissimo tempo: amo la tecnologia, ma quella che piace a
me costa sempre troppo. Così ho imparato a comprare cose rotte che possa
riparare a un costo contenuto, per poi giocarci per un po' e rivenderle a
prezzo onesto quando sono stufo.
Entro in questo chiosco nel
bel mezzo di un corridoio del centro commerciale di Chadstone con le migliori
intenzioni, felice di mettere le mani su un po'
l'elettronica di ultima generazione. Il capo, un turco, decide però che
il mio ruolo è come commesso... E capisco perché: la graziosa vietnamita che
ricopre tale ruolo ha un ottimo sorriso, ma un pessimo inglese (anche se a
tratti comprensibile). L'altro vietnamita invece è drammatico: nessun suono
fuoriuscente dalla sua bocca genera in me un significato. Il manager comanda
alla ragazza di istruirmi su ciò che c'è da fare... Una parola... Comunichiamo
a gesti e movimenti, io faccio ampio utilizzo dei neuroni specchio,
comprendendo a malapena il significato di ciò che faccio.
Poi rimango fermo...
Orrore! Vietato rimanere
fermi! La becera logica del datore di lavoro prevede che una persona ferma
equivalga a uno spreco di soldi. Questo è vero quando si lavora in fabbrica, ma
in un chioschetto di tre metri per tre (di perimetro esterno) diventa ostico
stare tutti a fare qualcosa. La ragazza si mette a ordinare con la sua logica,
che io fallisco di comprendere, e io rimango come un truciolo a sorridere ai
passanti. Vengo ovviamente rimproverato per inattività e mi viene detto di
ordinare il negozio. Negozio, che parolone. In realtà lo spazio interno è poco
più grande di tre metri quadrati... e tutto è ovunque, senza una logica. Ogni
tanto il capo parla, ma manca di dire il soggetto della frase. Per non apparire
stupido alla sua costante richiesta: “hai capito?”, rispondo: “sì, certo”... ma
in realtà non capisco: intuisco a malapena. Insomma, dopo due ore di questo
strazio, deluso dall’assenza di contatto con l’amata tecnologia, esprimo la mia
delusione e stringo per l’ultima volta la mano al turco, rimanendo con la
faccia perplessa per il resto della giornata.
Venerdì mattina mi chiamano
per un colloquio. Capisco perfettamente tutto quello che mi viene detto tranne ... il nome del locale che mi sta
chiamando. Glielo chiedo, glielo richiedo, niente. Il nome non corrisponde a
nessuno che conosca. Capisco però il luogo: Melbourne Uni, Union House. Ottimo.
Ho dato il curriculum solo a due locali in quel posto!
Così stamattina baldanzoso
vado per questo benedetto colloquio.
Chiedo a una delle due attività... niente.
Così
chiedo all’altra... niente.
Provo a richiamare il numero
di chi mi aveva contattato... niente.
Carlton Gardens, proprio dietro il Melbourne Museum. |
Perplesso, sono rimasto a
poca distanza a guardare i due negozi ponendomi domande non troppo difficili,
ma senza ricevere l’ombra di un’illuminante risposta.
Un buon panino all’università
con Amélie e Eleonora mi ha aiutato a superare il tremendo trauma... di essere
rimasto tutto il pomeriggio a godermi il sole, l’aria, la tranquillità.
Intanto intesso contatti per
lavori più remunerativi, fuori dal campo della ristorazione. C’è sempre tempo
per trovare lavoro in quel settore.
Mamma mia che avventure Valerio..!! Ieri guardavo un documentario e parlava un archeologo d' aviazione... :-O non sapevo esistesse. E lo pagano pure x trovare pezzi d' aerei. Allucinante. Da quanto tempo sei lì?
RispondiEliminaCiao Mary! In realtà esiste l'archeologo di tutto e di niente: la frontiera più recente dell'archeologia sotto profilo accademico è la cosiddetta "archeologia industriale", ma la gente ama darsi il nome di archeologo quando cerca qualcosa di un po' più vecchio del solito... certo è una figata pazzesca andare in giro a cercare pezzi di aerei! Ma è poco più di uno sfasciacarrozze di alto livello ;)
RispondiEliminaA parte le mie sviolinate (anche un po' noiose) su cosa è cosa... sono in Australia da quando ho iniziato il blog (o poco prima), dal 27 novembre!
Ciao Vale, ho appena finito di leggere i tuoi ultimi due post. certo che ne stai vivendo di avventure... Leggendo mi è venuto forte il desiderio di poterti aiutare, o almeno di darti una mano, ad esempio di dire a Tizia: "sposta il tuo culone da un' altra parte e muoviti a lavare quelle zampe" oppure dire a Carlo: Tu sai dove abito io ma anche io so dove abiti tu e dove devi ritornartene, e cioè a quel paese!"( magari detto in modo più volgare)
RispondiEliminaMi dispiace anche che non hai più trovato quel locale perché non ti era chiaro il nome. Io penso che poi, guardandoti in dietro, ripensando a tutte queste avventure ti verrà da sorridere! Almeno avrai tante cose da raccontare ai tuoi nipoti!! Un abbraccio Silvia
Ciao Silvia! beh, in realtà già ora ci rido su... ogni tanto mi arrabbio ripensandoci, ma mi passa presto ;)
RispondiEliminacome si dice in questi casi: "è tutta esperienza"!!
In ogni caso il simpatico Carlo stava solo bluffando: l'unica cosa che aveva era il mio numero id cellulare, non sapeva il mio cognome e nemmeno il mio indirizzo perché non ha mai avuto un mio curriculum. Un cane senza denti che abbaiava rabbioso sapendo di non poter mordere...
un abbraccio!