lunedì 18 febbraio 2013

A testa alta


Martedì, per me primo giorno di lavoro della settimana. Entro in cucina aspettandomi sguardi diversi...
E invece Sunny è sorridente, come sempre. Natasha un po' meno.
Appena Franco esce scambiamo qualche parola: hanno ben compreso tutta la situazione, e in realtà sono contenti di non essersi imbarcati in un'impresa fallimentare. Ma Sunny sorride più del solito.
"Cos'hai" gli chiedo.
"Ho un altro progetto!" mi risponde strizzandomi l'occhio ma, per quanto provi a domandare è determinato a non dirmi niente. Spero vivamente per lui che riesca ad andarsene presto dalla cucina per fare quello che ama.
Ma ecco che mi ritrovo in cucina un nuovo membro: la figlia del capo.

Penso che in ogni business la cosa peggiore che si possa incontrare sia un intoccabile, ovvero una persona dalla comprovata incompetenza che però vanta fortissimi legami con la leadership. 
I secondi, i minuti, le ore e i giorni mi hanno ampiamente dimostrato quanto queste persone siano dannose alla salute di tutti: Franco ha un figlio, una figlia e una moglie. Franco, per quanto sia una persona che non ammiri, sa fare il suo lavoro. Si vede che è stato in cucina da sempre. Il resto della famiglio, no.
Mi lamentavo del fatto che moglie e figlio mi lasciassero i piatti sporchi nei luoghi più irraggiungibili, costringendomi a mirabolanti acrobazie per farli tornare in catena di lavaggio. Non contenti, si rifiutano di togliere il grosso, altro lavoro che per forza di cose devo fare io. 

Ma ancora non avevo visto la figlia. 

La figlia, della quale il mio cervello si rifiuta categoricamente di memorizzare l'astruso nome, riesce a stare sempre dove non deve stare, intralciando pesantemente il flusso di lavoro di tutti i componenti della ciurma. Eccola che fa le polpette di baccalà: decide di farle nel posto in cui io poggio i piatti puliti che torneranno in sala; ha usato TUTTE le ciotole metalliche, mandando in disperazione Natasha che ne brama una da mezz'ore infinite; intorno a lei una dispersione di briciole di pan grattato per un raggio di un metro dalla fonte, manco fosse una mina antiuomo. Musica nelle orecchie, sculetta col suo deretano per nulla grazioso, riuscendo a turbare il mio innato senso estetico, tanto che mi si stampa in faccia un'ormai irrecuperabile espressione di disgusto. Vorrei abbandonarmi al turpiloquio, ma non ho tempo, visto che arriva una valanga di piatti e pentole da lavare... E lei cosa fa? Decide di lavarsi le mani in quel momento. Lasciando il bancone ancora occupato. Nel MIO lavandino. Placida si lava le mani con lentezza estenuante, mentre in pochi istanti si accumula una piramide di piatti alla mia destra. Esasperato guardo ossessivamente lei, le sue mani, il lavandino, i piatti +1, loop, in una funzione "if than else" con clock parecchio spinto (per mia mamma che non è informatizzata: la funzione "if than else" proviene dal linguaggio di programmazione -in questo caso il Pascal- e consiste nel ripetere una determinata operazione finché non si verifichi un determinato evento... In questo caso la Tizia in questione che si levasse dalle... lavandino. Il clock determina la frequenza con cui questa funzione viene ripetuta) ... (sì, mia madre può capire queste cose: siatene gelosi. Tutti).
Insomma, finalmente si toglie dal lavandino e posso attaccare di petto la graziosa piramide di piatti sporchi, a cui si sono aggiunti alcuni piatti non svuotati portati dal resto del parentame. Dentro di me arde il fuoco della guerra, mi trasformo in supersayan di secondo livello e alla velocità del suono abbatto il lavoro accumulato. Sunny mi fa i complimenti per i bei capelli, poi guarda le mie mani e con occhi sgranati mi dice "ma sei velocissimo!". Poi mi racconta che il ragazzo che è venuto sabato e domenica poco ci mancava che veniva seppellito dalle pentole: a fine serata accanto a lui si era formata una torre alta ben un metro e mezzo! 

Godo profondamente della vittoria.

Intanto Sunny va a finire il lavoro incompiuto di Tizia, che ora sta intralciando le operazioni di Natasha. Finalmente finisce l'ora di punta, ed ecco che Tizia freme per andarsene; se se ne andasse semplicemente sarebbe cosa buona e giusta, ma lei no!, vuole per forza far vedere a papà che si guadagna la paghetta! Così chiede al povero Sunny cosa possa fare. Sunny le da un compito semplicissimo: riempire il dispenser con il misto maionese - aceto balsamico. La ragazza diligentemente ci mette mezz'ora per eseguire codesta banalità, e lascia la bottiglia, aperta, in mezzo al bancone.
Franco entra, passa un vassoio a Natasha, la quale per evitare Tizia devia la traiettoria del suo braccio. Il vassoio urta la bottiglia da poco finita di riempire e il contenuto schizza ovunque e cola tra i due piani da lavoro d'acciaio. Dopo un intero quarto d'ora di bestemmie e parolacce, contro la povera Natasha, Franco chiede perché tale boccia fosse in tale posto a tale ora. Tizia, vigliacca: "me lo ha detto Sunny"... Altro quarto d'ora censurabile anche per un pubblico maturo.
Io intanto silenzioso lavo i piatti. Sono l'unico che non viene mai rimproverato. Ci credo... per tutta la vita sono andato contro la disciplina paterna, ma è indubbiamente rimasta tatuata nel mio comportamento: "se non vuoi essere rimproverato, fai le cose in modo da non essere rimproverato"... già.
Mercoledì Sunny arriva con un mal di collo impressionante, semi paralizzato da un lato, incapace di girare la testa a sinistra. È palese che gli si sia accavallato qualcosa, ma è divertente sapere come: con uno starnuto! Rimarreste certo stupiti, se non scioccati, da quanto male possano infliggerci gli starnuti...
In ogni caso, il malcapitato continua a lavorare con tutta la forza che ha in corpo manifestando con alcune smorfie il dolore represso. A metà giornata succede il fattaccio: si bruciano i funghi nel forno. È Sunny stesso che se ne accorge, e li tira fuori scuotendo la testa sapendo quello che sarebbe seguito. Arriva Tizia, guarda i funghi, guarda Sunny; arriva il padre, ignaro della situazione.
Tizia: "Papà? Si sono bruciati i funghi".

Attimo di silenzio.

Franco si avvicina alla teglia, annusa, assaggia.
Quello che succede nella mezz'ora successiva non è altro che un susseguirsi dei soliti ingredienti, col povero Sunny che non sapeva più come manifestare il suo dispiacere. Dentro di me ribollivo per gli insulti che il povero ragazzo si stava prendendo e stavo valutando l’ipotesi di sbroccare con discreta violenza contro la profonda ingiustizia a cui stavo assistendo. Una decina di minuti di calma, in cui i miei nervi si distendono un poco, poi entra la moglie di Franco. Franco ricomincia la solfa e la moglie rincara la dose con i “ma non è possibile”, “ma come hai fatto”, “ma che disastro”...
Non riuscendo a sopportare la situazione, vigliaccamente esco per buttare la spazzatura. Nel tragitto esprimo il mio malumore con la cameriera la quale concorda con me. Rientro. Mi metto al lavandino. Franco accanto.
“Sai Franco?”
“Um”
“Sunny stamattina non riesce a muoversi: ha il collo paralizzato, non riesce a muovere bene un braccio e una spalla e, nonostante questo, sta lavorando come uno schiavo per tirare avanti tutta la cucina.”
“Ma veramente?”
“Già”
Si gira verso Sunny, parla con lui scherzando come un deficiente, poi si gira di nuovo verso il lavandino. Sunny mi sorride, anche con gli occhi, mentre continua il suo lavoro.
Fratellanza.

Quante volte siamo testimoni di ingiustizie e rimaniamo in silenzio? Secondo me troppe. Ho cambiato paese per dissenso, e non rimarrò in silenzio nel paese straniero. Troppe volte sono rimasto in silenzio e ancora il rimorso mi rimprovera. Questa volta sono riuscito a trovare una maniera elegante per difendere il più debole senza passare dalla parte del torto.
La giornata continua con la solita Tizia che intralcia in continuo o poco più. Ancora una volta devo rimanere per una mezz’oretta in più per recuperare il tempo che mi è stato fatto perdere.

Giovedì la giornata inizia discretamente e tutto va bene fino alle 9:00, momento in cui Tizia entra in campo. Ma questa volta c’è qualcosa di differente. Già dal giorno prima avevo notato che ogni tanto mi fissava. Non capendone il motivo, la ignoro e continuo il mio lavoro.
Durante il giorno mi intralcia, in continuo. Noto che il tempo che impiega per lavarsi le ditine nel mio lavandino si dilata... se le lava, mi guarda, e lentamente se ne va. I miei nervi decisamente non gradiscono il trattamento. Durante le ore che lentissimamente scorrono, matura in me l’idea di mandarla al diavolo. Ma no, non lei sola; meglio chiudere questa storia con l’intera famiglia. Arroganza e inettitudine si intrecciano spesso in persone dallo scarso valore intrinseco, forse per compensare la loro pochezza.
Pulisco con dovizia le teglie, in modo che fino all’ultimo secondo il mio lavoro sia impeccabile. Stufo di non essere in regola, stufo di non avere nemmeno un minuto di pausa nelle otto ore di lavoro, stufo di sentire i suoi inutili discorsi, stufo di essere pagato il minimo possibile, stufo di non essere pagato per gli straordinari. Stufo.
È semplicemente arrivato il momento di chiudere questa esperienza, ma con dignità. Non passerà comunque molto prima che trovi un lavoro simile o migliore.

Prolungo la mia permanenza sempre per il solito motivo e, alla fine, comunico la mia decisione a Franco. Con tranquillità gli dico che preferisco andarmene per cercare di meglio, dandogli una settimana del mio tempo per trovare un’altra persona.
Rimane di stucco.

Prima cerca di comprarmi offrendomi un aumento (ma guardandosi bene dallo specificarne l’entità), poi cerca di farmi rammaricare di aver lasciato, millantando di potermi offrire una sponsorship perché lui conosce gente importante, perché lui ha i soldi (impossibile una sponsorship per una classe lavorativa che non è la propria). Infine, esaurito dall’impossibilità di convincermi inizia a minacciarmi con frasi “tanto so dove abiti” o “ti sei fregato con le mani tue”...

Rimango basito.

Poi esagera, dicendo che non mi avrebbe pagato finché non avrebbe trovato un sostituto, altrimenti, secondo lui, prendevo i soldi e non mi facevo più vedere.
Sì, esagera.
Non per i soldi, ma perché mette in dubbio la mia parola. Con faccia torva lo guardo dritto negli occhi e gli dico: "Non provare a mettere in dubbio la mia parola. Non te lo permetto. Hai visto come lavoro, e lo sai che lavoro bene. Ti ho detto che ti avrei dato un preavviso, e ti ho dato un preavviso. Tu martedì mi darai i miei soldi come stabilito".

Lo zittisco. Certo non si aspettava una reazione del genere. 
Esco a testa alta.
La rabbia mi fa pedalare con energia mai provata prima. Una macchina mi si mette addirittua accanto per misurare la velocità a cui vado. Arrivo alla fine del tragitto con il cuore che mi scoppia; dentro la testa rimbombano ancora le frottole del saltimbanco.
Che fastidio.

Mentre aspetto il treno mi arriva un'email riguardante un colloquio per il giorno successivo. Sorrido.
Sì, non passerà molto prima di trovare un lavoro uguale o migliore!
Ma stavolta solo lavori in regola.

6 commenti:

  1. Concordo pienamente! E già che ci sei, trova un equivalente del Guttalax e offri un brindisi di commiato a tutta la famiglia :D In bocca al lupo!

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  2. La Vena ce l'hai sempre avuta a mio avviso... sicuramente fra qualche anno esce un libro... no? GBY!

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  3. Grazie Claudio! Un libro è un bel progetto di lungo termine che sto accarezzando sempre di più... vedremo cosa riuscirò a partorire! Intanto, un abbraccio!

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  4. Eh, Nì... quanto se lo meriterebbe il Guttalax. ma avrà qualcosa di peggio e non sarò nemmeno io a somministrarlo. lo scriverò nel prossimo capitolo ;)
    Crepi il lupo!!!
    (PS: ti ho messo come sito amico!)

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  5. Grandeeeeeee!!!Apprezziamo anche noi lo stile... specialmente il modo elegante con cui eviti le parolacce :D!!!E poi eccellente (oserei dire ispirato) il modo con cui hai preso le parti del tuo amico...metodica che lascia il segno più di tante altre!!!!Aspettiamo con ansia notizie del nuovo lavoro;)!!!

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  6. Grazie Ester! Per ora ancora niente dal punto di vista lavorativo... questa settimana rimane un po' moscia. Ma continua a sperare in un repentino miglioramento! Un abbraccio! :)

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