Shanghai, 20:04 ora locale. L'aereo viene spinto via dal
gate in modo che possa mettersi in pista. Accanto a me una cinese non la smette
di parlare al telefono, approfittando degli ultimi minuti in cui può usarlo. Ho
aspettato sei ore all'aeroporto e nell'attesa mi sono concesso una sontuosa
ciotolona di ramen al manzo. Ora, satollo e già stanco delle undici ore del
volo precedente, mi preparo ad affrontare le successive undici che mi
porteranno in Australia, a Melbourne, dove inizierà una nuova avventura.
Il mese trascorso l'ho passato in pellegrinaggio tra amici e
parenti, per salutarli un ultima volta prima di partire. Molto probabilmente li
rincontrerò tra un anno, alla scadenza del visto.
Solitamente sono esaltato dalle partenze, ma questa volta i
sentimenti sono troppo contrastanti: da un lato la possibilità di avere una
prospettiva, un futuro molto diverso da quello che mi viene proposto in Italia,
un futuro che permette la realizzazione dei sogni, quantomeno quelli normali
come avere una casa e poter mantenere una famiglia senza aver paura di prendere
la macchina per un fuoriporta il fine settimana, senza dover rinunciare a
qualche cena fuori... ìnsomma, un futuro. Dall'altro lato gli affetti, una
valangona inimmaginabile di cugini diretti e acquisiti che mi vogliono
veramente bene, tantissime persone che conosco, le ragazze del gruppo scout
alle quali voglio un mare di bene, i genitori, mia sorella e suo marito, una
nonna decisamente in là negli anni che spero di rivedere ancora, il ristrettissimo
e selezionatissimo gruppo di amici dell'università, soprattutto la Doddi's
House in cui ho vissuto per qualche mese. I miei amici più cari, la mia ragazza
che spero mi raggiungerà il più presto possibile...
Tanti affetti...
Tanto dolore nel lasciarli.
Il desiserio di fare una valigia immensa in cui mettere
tutti per portarli con me.
La consapevolezza che questo non sarà mai possibile.
Mi addormento sull'aereo con questi pensieri in testa ma
dopo un istante vengo svegliato dalla hostess che mi porta la cena. Impreco
silenziosamente mentre sorrido di circostanza per la premura. Mangio il mio
terzo riso con fagiolini piccanti e purè: la mia curiosità da scimmia di fronte
a una scelta vastissima di menù possibili mi ha fatto scegliere per quello
vegetariano. Rosico vedendo che l'evoluto primate che mi sta accanto ha la
possibilità di scegliere tra carne e pesce, ed il vassoio servitole è di gran
lunga più appetitoso del mio!
Butto giù il parco pasto, ringraziando che almeno non fa
schifo, e cerco di riaddormentarmi con scarso successo. La mia vicina beve
birra e rutta pacatamente con disinvoltura, atteggiamento che scopro essere
comune nel cinese medio. Rutto dopo la birra, dopo il pasto, mentre si cammina
e mentre si aspetta in fila e, infine, aggraziato rutto da conversazione.
Dopo11 ore passate provando centoquindici contorsioni yoga
nella speranza di trovare una posizione confortevole l'aereo atterra soffice,
soffrendo appena del forte vento laterale. Scendo, interminabile fila per la
dogana tra migliaia di asiatici, passo senza nessun controllo e sono fuori. Ad
attendermi, i miei zii, affettuosi, calorosi... Un pezzo di famiglia mai
dimenticato ma così poco conosciuto a causa della distanza; ma soprattutto,
famiglia.
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