martedì 4 dicembre 2012

Tra le nuvole


Shanghai, 20:04 ora locale. L'aereo viene spinto via dal gate in modo che possa mettersi in pista. Accanto a me una cinese non la smette di parlare al telefono, approfittando degli ultimi minuti in cui può usarlo. Ho aspettato sei ore all'aeroporto e nell'attesa mi sono concesso una sontuosa ciotolona di ramen al manzo. Ora, satollo e già stanco delle undici ore del volo precedente, mi preparo ad affrontare le successive undici che mi porteranno in Australia, a Melbourne, dove inizierà una nuova avventura.
Il mese trascorso l'ho passato in pellegrinaggio tra amici e parenti, per salutarli un ultima volta prima di partire. Molto probabilmente li rincontrerò tra un anno, alla scadenza del visto.
Solitamente sono esaltato dalle partenze, ma questa volta i sentimenti sono troppo contrastanti: da un lato la possibilità di avere una prospettiva, un futuro molto diverso da quello che mi viene proposto in Italia, un futuro che permette la realizzazione dei sogni, quantomeno quelli normali come avere una casa e poter mantenere una famiglia senza aver paura di prendere la macchina per un fuoriporta il fine settimana, senza dover rinunciare a qualche cena fuori... ìnsomma, un futuro. Dall'altro lato gli affetti, una valangona inimmaginabile di cugini diretti e acquisiti che mi vogliono veramente bene, tantissime persone che conosco, le ragazze del gruppo scout alle quali voglio un mare di bene, i genitori, mia sorella e suo marito, una nonna decisamente in là negli anni che spero di rivedere ancora, il ristrettissimo e selezionatissimo gruppo di amici dell'università, soprattutto la Doddi's House in cui ho vissuto per qualche mese. I miei amici più cari, la mia ragazza che spero mi raggiungerà il più presto possibile...
Tanti affetti...
Tanto dolore nel lasciarli.
Il desiserio di fare una valigia immensa in cui mettere tutti per portarli con me.
La consapevolezza che questo non sarà mai possibile.
Mi addormento sull'aereo con questi pensieri in testa ma dopo un istante vengo svegliato dalla hostess che mi porta la cena. Impreco silenziosamente mentre sorrido di circostanza per la premura. Mangio il mio terzo riso con fagiolini piccanti e purè: la mia curiosità da scimmia di fronte a una scelta vastissima di menù possibili mi ha fatto scegliere per quello vegetariano. Rosico vedendo che l'evoluto primate che mi sta accanto ha la possibilità di scegliere tra carne e pesce, ed il vassoio servitole è di gran lunga più appetitoso del mio!
Butto giù il parco pasto, ringraziando che almeno non fa schifo, e cerco di riaddormentarmi con scarso successo. La mia vicina beve birra e rutta pacatamente con disinvoltura, atteggiamento che scopro essere comune nel cinese medio. Rutto dopo la birra, dopo il pasto, mentre si cammina e mentre si aspetta in fila e, infine, aggraziato rutto da conversazione.
Dopo11 ore passate provando centoquindici contorsioni yoga nella speranza di trovare una posizione confortevole l'aereo atterra soffice, soffrendo appena del forte vento laterale. Scendo, interminabile fila per la dogana tra migliaia di asiatici, passo senza nessun controllo e sono fuori. Ad attendermi, i miei zii, affettuosi, calorosi... Un pezzo di famiglia mai dimenticato ma così poco conosciuto a causa della distanza; ma soprattutto, famiglia.

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