lunedì 13 gennaio 2014

Dopo più di un mese di assenza...



È tanto che non scrivo. Forse più di un mese. Ogni domenica pensavo “devo scrivere qualcosa”, ma nonostante tutto l’impegno e la volontà non c’era modo di trovare il tempo per buttare giù qualche riga. Il problema è che dall’ultima volta sono successe troppe cose!

L’ultima volta che ho scritto era il 3 dicembre, giravamo in una Mercedes del 1982, vivevamo a casa di Mark mentre la ristrutturavamo. Vi avevo detto che desideravamo comprare un furgoncino in modo da poterci muovere liberamente sul territorio…

Si avvicinava il giorno di Natale e dalla vineria nessuno ci aveva detto se ci sarebbe stato bisogno di noi anche dopo le feste. Io intanto ero passato dal dipartimento di imbottigliamento e inscatolamento a quello di vineria, cambiando manager (Chris) e occupandomi di rabboccare le botti di quercia piene di buoni vini rossi…

Caso volle che prima di cambiare di mansione facessi un ultimo, estenuante giorno di lavoro nella “fast line” di imbottigliamento: quattro bottiglie al secondo.
Essendo rotta l’inscatolatrice, era mansione umana il mettere i vuoti da un lato del macchinario per poi prendere le bottiglie piene dall’altro lato, posizionandole nel bin. Inizio la mattinata mettendo i vuoti sul nastro trasportatore: prima quattro alla volta, stando a fatica dietro alla macchina, poi sei e, infine, addirittura otto bottiglie contemporaneamente. Raggiunto così lo stadio di illuminazione massima consentita per questo dato ruolo, avevo addirittura tempo per andare al bagno e tornare, scrivere un messaggio, apprezzare i passerotti e il danzare delle foglie nel vento…
Ma era il tempo di fare a cambio con il “poraccio” che stava a mettere le bottiglie nel bin. Sgargiullo trotterello verso il bin, afferro quattro bottiglie alla volta e le posiziono. Fresco fresco mi sono messo a competere con la macchina per vedere se riuscivo ad andare a un ritmo più veloce. Un attimo di tempo per abituarmi alla nuova mansione ed ecco che mi trovavo ad aspettare le bottiglie invece di corrergli dietro. Passa un’ora, ne passano due… pausa caffè. L’acido lattico inizia a salire durante i 15 minuti di relax, ma riesco a scioglierlo egregiamente con la prima mezz’ora di lavoro. Arrivo alla pausa pranzo sudato, ma ancora vivo.
Galeotta fu la pausa e lo panino!
stanchezza mi colse sì violenta
che rimpiangeo di esser nato homo!
Dopo pranzo di ricomincia. La macchina continua a sfornare le sue quattro bottiglie al secondo, per niente stanca del lavoro fatto in precedenza. Il nastro trasportatore senza pietà le accumula di fronte al bin mentre io, sempre più lento, mi accorgo di non avere più risorse per tenere il passo. Alle due e mezza la macchina mi manda l’ultima bottiglia mentre io esalo l’ultimo respiro. Sguardo vuoto da tossicodipendente, mi tengo ancora in posizione eretta più per rigor mortis che per mia volontà. Finisco la giornata e stramazzo riccamente a letto dopo essermi tartinato i muscoli di crema al mentolo.

Il giorno dopo, con mio enorme piacere e infinita gratitudine, vengo spostato di dipartimento. Mi trovavo ad arrampicarmi tra le botti per rabboccarle con vino e solfiti in giusta percentuale che, ecco, trovandomi in postura non proprio naturale con la caraffa in mano, impossibilitato a cambiare posizione, un crampo mi colse dietro la scapola sinistra. In capo a mezz’ora la contrattura stava conquistando a nord le regioni della spalla e del collo mentre a sud i muscoli del tronco combattevano fieramente contro l’avanzare dell’armata oscura di Crampo. Ma Crampo conosceva bene il territorio e, utilizzando armi chimiche (Acido Lattico), fece tabula rasa di tutto il lato sinistro. La mattina seguente erano caduti in mano nemica tutti i territori del sud fino al polpaccio. Crampo cantava vittoria obbligandomi a camminare in stile Frankenstein, con un sorriso più paralizzato di quello della Loren dopo le iniezioni di botulino, il collo che faceva a gara con la Thatcher a chi era più rigido. A nulla valsero massaggi e scrocchiamenti: la situazione rimaneva saldamente nelle mani di Crampo.
Finché, su consiglio di Santa Amélie, mi sono messo sotto la giurisdizione del potentissimo Naprossene Sodico. La battaglia imperversò feroce per due giorni, con Crampo che si era trincerato nello stretto del collo sfruttando l’alleanza stabilita tra due vertebre dissidenti (Atlante ed Epistrofeo). Infine Naprossene vinse la battaglia, restituendomi il corpo con la sua naturale motilità.

Un giorno prima che smettessimo di lavorare per iniziare il periodo di vacanza, ci viene chiesto se vogliamo tornare dopo le feste per continuare a lavorare.

Ma, nel mentre, qualcos’altro era successo.

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