martedì 21 gennaio 2014

Piovuto dal Cielo



Passavamo i week-end con Mark aiutandolo a ristrutturare casa, poi a trasportare dentro i mobili e mangiando spesso assieme di sabato. Uno di quei sabati a pranzo c’era anche un amico di Mark, Michael, persona neozelandese maori di enorme carisma e indiscussa simpatia. Stavamo parlando della nostra volontà di trovare un veicolo, ma di come fosse impossibile trovarne uno decente a un prezzo inferiore ai 2000 AU$. Michael guarda la moglie e dice: “ma noi stiamo per acquisire un van che veramente non vogliamo… che ne pensi se lo diamo a loro”.

Sgranata di occhi, Ame e io ci guardiamo stupiti e chiediamo maggiori informazioni. Insomma, Bill, un simpatico vecchietto di 86 anni, da venti possiede questo pulmino, un Toyota HiAce Diesel dell’83 e, dato che lo usava per viaggiare con la moglie e la moglie era da poco passata ai più, aveva deciso di liberarsene dandolo a Michael, come ringraziamento per i tanti favori ricevuti. Michael, non sapendo che farsene di un furgoncino, si trovava nell’imbarazzo di non poter rifiutare un regalo e di non volerci spendere un soldo per il passaggio di proprietà. Noi capitavamo proprio nel momento e nel posto giusto per togliere tutti dai problemi!
Così Michael ha convinto Bill a darci il pulmino in prestito per un anno, con la clausola di riportarlo in uguali o migliori condizioni e di pagare per le nostre infrazioni.

Tutta questa storia era iniziata la prima settimana di dicembre ma solo poco sotto Natale si è concluso tutto il procedimento, motivo per cui non ero riuscito a scrivere niente. Insomma, arriviamo a casa di Bill preparati a pagare 700 AU$ di Rego (la registrazione del veicolo – obbligatoria) e 900 di assicurazione (facoltativa), ma lì scopriamo con enorme sorpresa che da pensionato, la Rego viene appena 250 e l’assicurazione 450! Solo 700 AU$ di spesa e il veicolo è in mano nostra, con copertura assicurativa completa e incluso anche il primo soccorso in caso di guasto veicolo!

Ed è così che una settimana prima di Natale andavamo in giro non più in Mercedes, ma su questo furgoncino che sa tanto di figli dei fiori, con un retrogusto di canguro, visto che è equipaggiato col classico paracanguri. Sul muso, un inconfondibile “naso” d’acciaio: Bill aveva pensato bene di piazzarci una tanica di diesel di riserva (sì, proprio sul muso, tanto per essere sicuri di non sopravvivere in caso di incidente), ma da anni non la usava più, da quando ha sostituito il serbatoio originale con uno da 200 litri!

Prima di partire per Melbourne, per passare le feste coi parenti, dalla vineria ci chiedono di tornare dopo le feste, perché ci sarebbe stato “tanto lavoro”. La notizia ci rende felici e ci fa cambiare i piani: avevamo pensato di andare in Tasmania dopo le feste, per prendere al volo l’inizio della stagione di raccolta delle ciliegie ma, tra un lavoro probabile e un lavoro sicuro, andiamo per quello sicuro.

La vigilia di Natale ci mettiamo in viaggio: furgone carico, check di acqua, olio, luci… dobbiamo cambiare il parabrezza perché ha una grossa crepa che alla polizia non piacerebbe per niente, così organizziamo una fermata a Ballarat per metterci in regola con la legge.

Partiti da Avoca, dopo 20 km, mentre cambio la marcia sentiamo un “tunk”. Spingo la frizione, privo a inserire la marcia successiva… non entra. Ri-spingo, riprovo… niente. Senza farmi prendere dal panico lascio stare la frizione e gioco sui giri motore: porto il motore al numero di giri giusto per la marcia e la velocità, e ingrano la terza. Poi la quarta e infine riesco a fargli digerire anche la quinta. Mi fermo di lato, per vedere se sarei stato capace di ripartire senza frizione. Spengo il motore, metto la prima, riaccendo. Singhiozzando il furgone riparte! Mi rifiuto di chiamare l’assistenza perché ci avrebbero portato gratis a una loro officina, per poi spennarci come polli.
Stiamo andando avanti senza frizione…di fronte a noi 150 km. Ma ce la possiamo fare: possiamo arrivare a Melbourne.

lunedì 13 gennaio 2014

Dopo più di un mese di assenza...



È tanto che non scrivo. Forse più di un mese. Ogni domenica pensavo “devo scrivere qualcosa”, ma nonostante tutto l’impegno e la volontà non c’era modo di trovare il tempo per buttare giù qualche riga. Il problema è che dall’ultima volta sono successe troppe cose!

L’ultima volta che ho scritto era il 3 dicembre, giravamo in una Mercedes del 1982, vivevamo a casa di Mark mentre la ristrutturavamo. Vi avevo detto che desideravamo comprare un furgoncino in modo da poterci muovere liberamente sul territorio…

Si avvicinava il giorno di Natale e dalla vineria nessuno ci aveva detto se ci sarebbe stato bisogno di noi anche dopo le feste. Io intanto ero passato dal dipartimento di imbottigliamento e inscatolamento a quello di vineria, cambiando manager (Chris) e occupandomi di rabboccare le botti di quercia piene di buoni vini rossi…

Caso volle che prima di cambiare di mansione facessi un ultimo, estenuante giorno di lavoro nella “fast line” di imbottigliamento: quattro bottiglie al secondo.
Essendo rotta l’inscatolatrice, era mansione umana il mettere i vuoti da un lato del macchinario per poi prendere le bottiglie piene dall’altro lato, posizionandole nel bin. Inizio la mattinata mettendo i vuoti sul nastro trasportatore: prima quattro alla volta, stando a fatica dietro alla macchina, poi sei e, infine, addirittura otto bottiglie contemporaneamente. Raggiunto così lo stadio di illuminazione massima consentita per questo dato ruolo, avevo addirittura tempo per andare al bagno e tornare, scrivere un messaggio, apprezzare i passerotti e il danzare delle foglie nel vento…
Ma era il tempo di fare a cambio con il “poraccio” che stava a mettere le bottiglie nel bin. Sgargiullo trotterello verso il bin, afferro quattro bottiglie alla volta e le posiziono. Fresco fresco mi sono messo a competere con la macchina per vedere se riuscivo ad andare a un ritmo più veloce. Un attimo di tempo per abituarmi alla nuova mansione ed ecco che mi trovavo ad aspettare le bottiglie invece di corrergli dietro. Passa un’ora, ne passano due… pausa caffè. L’acido lattico inizia a salire durante i 15 minuti di relax, ma riesco a scioglierlo egregiamente con la prima mezz’ora di lavoro. Arrivo alla pausa pranzo sudato, ma ancora vivo.
Galeotta fu la pausa e lo panino!
stanchezza mi colse sì violenta
che rimpiangeo di esser nato homo!
Dopo pranzo di ricomincia. La macchina continua a sfornare le sue quattro bottiglie al secondo, per niente stanca del lavoro fatto in precedenza. Il nastro trasportatore senza pietà le accumula di fronte al bin mentre io, sempre più lento, mi accorgo di non avere più risorse per tenere il passo. Alle due e mezza la macchina mi manda l’ultima bottiglia mentre io esalo l’ultimo respiro. Sguardo vuoto da tossicodipendente, mi tengo ancora in posizione eretta più per rigor mortis che per mia volontà. Finisco la giornata e stramazzo riccamente a letto dopo essermi tartinato i muscoli di crema al mentolo.

Il giorno dopo, con mio enorme piacere e infinita gratitudine, vengo spostato di dipartimento. Mi trovavo ad arrampicarmi tra le botti per rabboccarle con vino e solfiti in giusta percentuale che, ecco, trovandomi in postura non proprio naturale con la caraffa in mano, impossibilitato a cambiare posizione, un crampo mi colse dietro la scapola sinistra. In capo a mezz’ora la contrattura stava conquistando a nord le regioni della spalla e del collo mentre a sud i muscoli del tronco combattevano fieramente contro l’avanzare dell’armata oscura di Crampo. Ma Crampo conosceva bene il territorio e, utilizzando armi chimiche (Acido Lattico), fece tabula rasa di tutto il lato sinistro. La mattina seguente erano caduti in mano nemica tutti i territori del sud fino al polpaccio. Crampo cantava vittoria obbligandomi a camminare in stile Frankenstein, con un sorriso più paralizzato di quello della Loren dopo le iniezioni di botulino, il collo che faceva a gara con la Thatcher a chi era più rigido. A nulla valsero massaggi e scrocchiamenti: la situazione rimaneva saldamente nelle mani di Crampo.
Finché, su consiglio di Santa Amélie, mi sono messo sotto la giurisdizione del potentissimo Naprossene Sodico. La battaglia imperversò feroce per due giorni, con Crampo che si era trincerato nello stretto del collo sfruttando l’alleanza stabilita tra due vertebre dissidenti (Atlante ed Epistrofeo). Infine Naprossene vinse la battaglia, restituendomi il corpo con la sua naturale motilità.

Un giorno prima che smettessimo di lavorare per iniziare il periodo di vacanza, ci viene chiesto se vogliamo tornare dopo le feste per continuare a lavorare.

Ma, nel mentre, qualcos’altro era successo.