martedì 8 ottobre 2013

Quell'Australia così subtropicale



Comodamente seduto sulla sedia, guardo il ficus gigante dalla finestra mentre le palme ai lati dondolano al vento. Quattro cacatua bianchi passano gracchiando forte, l’aria è tiepida, un po’ umida…
Questo posto non c’entra assolutamente niente con Gunnedah: cambiata la vegetazione, il clima, anche la gente. 

Dove siamo finiti?

Siamo nel paradiso dei surfisti, località sub-tropicale nel sud del Queensland, terra di coccodrilli, ragni giganti, serpenti, serpentini e serpentoni, boschi, natura rigogliosa e chi più ne ha più ne metta!

Nell’ultimo mese a Gunnedah la temperatura era salita di un grado a settimana e il clima asciutto assommato alla totale assenza di nuvole stava rendendo a dir poco penoso ogni lavoro all’aria aperta. Può sembrare una forzatura per un europeo (e io stesso non volevo crederci), ma il sole, in Australia, brucia da morire: già manca lo strato di ozono, quindi il sole non ha filtri… poi, se togli anche un minimo di umidità dall’aria, ecco che i raggi solari arrivano con tutta la loro potenza e in soli 10 minuti di esposizione si è già belli che cotti. Tant’è che passeggiando il pomeriggio a una fiera, senza cappello e senza occhiali da sole, la luminosità era così forte che ci ho visto appannato per tutto il giorno seguente. Purtroppo non si può scherzare col sole australiano: fa male e basta. Il cappello è d’obbligo, la crema solare molto raccomandata e gli occhiali da sole diventano una necessità. Stufi di ustionarci, saturi ormai della nostra esperienza nell’entroterra del New South Wales, stavamo aspettando che passasse di lì per caso Julian, amico dei padroni di casa, che si era già offerto di ospitarci a casa sua (dove siamo ora) per un po’. Ed è così che la settimana scorsa abbiamo fatto i bagagli e venerdì siamo partiti in macchina per una nuova avventura!

Il viaggio è stato come sempre lunghissimo: nessun viaggio in Australia è corto. Avrebbe preso 9 ore, ma Julian ha avuto 5 ore di stop per completare alcune vendite proprio sulla strada. Partiti alle 7 di mattina, dopo 14 ore finalmente mettevamo piede nel nuovo stato.

Sabato mattina ci siamo resi conto di dove stavamo: a soli 10 km dalla costa, in un’area ancora colonizzata dalla foresta subtropicale, villone con piscina e campo da tennis, in collina… arrivati alla cima guardiamo l’orizzonte, ed ecco stagliarsi la città coi suoi grattacieli affacciati sull’oceano. Il tessuto urbano è lasso, non come quello di una grande città: foresta e case si alternano quasi fino a ridosso del nucleo urbano, inframezzate dall’estuario del fiume Nerang che si dirama attraverso la pianura.

forno da pizza in argillaLa nostra moneta di scambio per stare in questo mezzo paradiso è costruire un forno a legna per pizza e, in cambio, abbiamo vitto e alloggio. Ho chiamato la famiglia di qua per farmi dare consigli su come costruirne uno in cemento e mattoni ma, una volta raggruppate tutte le informazioni necessarie il padrone di casa ha deciso che i materiali erano troppo difficili da reperire. Così, senza pensarci troppo, ha preferito spendere 1000 dollari per un kit “fai da te” in… paglia e argilla! A parte il prezzo ridicolamente alto (soldi suoi), l’idea era comunque intrigante e abbiamo deciso così di accettare la sfida.

Fatta la base in blocchi di cemento e il piano in mattoni refrattari è arrivato il momento di impastare l’argilla con la paglia. Avete presente l’espressione “un bucio de culo come ‘na capanna”? Avete presente i film sull’Esodo con gli schiavi ebrei che fanno i mattoni di fango e paglia? Mancava solo la frusta e la piramide sullo sfondo.
forno per pizza in argilla completo
Insomma, insieme ad Ame preparavamo la prima parte del miscuglio, poi lavoravamo insieme per un po’, poi la poveretta rimaneva da sola a fare i salsicciotti di argilla e paglia mentre io li sistemavo a forma di cupola. Il risultato è stato strepitoso, ma ora Ame ha due spalle da body builder… ovviamente scherzo, ma la fatica è stata veramente notevole!

Così sabato, per premiarci dell’intenso lavoro siamo andati a riposarci in spiaggia.
Riposarci…

Gold Coast è proprio sotto a Surfers Paradise, il paradiso dei surfisti. E il motivo per cui ha questo nome è perché, data la particolare conformazione del fondale, le onde alte ci sono tutto l’anno. In Australia si fa il bagno nell’oceano solo “tra le bandierine”: due bandiere, a 20 metri di distanza l’una dall’altra, delimitano lo spazio in cui è sicuro fare il bagno; fuori da quest’area l’oceano ti si porta via e tanti cari saluti. Tentare di sconfiggere la corrente è inutile, quindi conviene seguirla tagliando diagonalmente il flusso, in modo da arrivare magari mezzo chilometro più in là, ma sani e salvi a riva. Io, sgargiullo, tento così di raggiungere la file di onde belle alte, quelle da un metro e mezzo…. Ci provo per un’ora di fila con la “boogie board” prestata da Julian. Torno distrutto e sconfitto, incapace di superare la seconda fila di onde, trascinato per centinaia di metri, parzialmente affogato (mamma mia quanto tirano le onde!) ma col sorriso da orecchio a orecchio! Non avevo mai provato una cosa del genere e spero di riuscire a trovare qualcuno che mi insegni come si cavalcano le onde!



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