La prima parte della camminata è, come dire, tranquilla: qualche
salita, qualche discesa, tanto panorama e vedute della cascata da ogni
angolazione. Poi, il segnale: “il percorso che porta al fiume è interrotto”. Guardo
al di là del segnale… la strada sembra continuare esattamente nello stesso modo
di quella che abbiamo appena fatto. Guardo Amélie, le chiedo se le va di
provare e a sua (titubante) risposta affermativa, proseguiamo il percorso. Dopo
500 metri il viottolo si trasforma in uno stretto sentierino che scende a zig
zag a lato del dorso della montagna. Erba non tagliata, ma si vede che qualcuno
recentemente ha battuto il percorso nonostante il segnale di avvertimento. I balordi
della guardia forestale segnavano questa discesa come di 400 metri, ma non
hanno precisato che erano misurati in
linea d’aria. Passiamo la seguente ora e mezza a zigzagare tra percorsi a
strapiombo, eucalipti crollati e occasionali wallaby, che al primo rumore
scompaiono saltellando nel bosco. La
natura è selvaggia, ma non impervia. Ho trovato più difficoltà in Francia
(Lastours) a passare da una parte all’altra della montagna per colpa dei fittissimi
cespugli spinosi (che qui sono praticamente assenti). bull ant, grossa minimo un
centimetro e mezzo massimo quattro, che pare faccia veramente tanto tanto male.
Finalmente, dopo aver
attraversato con successo alcune passerelle diroccate arriviamo all’agognata
meta, l’acqua. Il posto è molto bello, ma non paradisiaco: le formiche in
Australia sono una delle rogne più comuni che si è costretti ad affrontare. Non
sono mortali, ma diverse specie pizzicano e si fanno ricordare per più e più
giorni. Quella che a prima vista sembrava una nobile formica europea, in realtà
era una green ant, con la testa di un meraviglioso verde smeraldo ma che (li
mortacci sua) pizzica e fa male una cifra. Per fortuna non sono stato ancora
preso da una
Dicevo, le formiche pizzicose in Australia sono endemiche per cui il
picnic in aree naturali può risultare un pochino ostico, figuriamoci sdraiarsi
a prendere un pochino di sole sulla riva di un fiume. Come se non bastasse è
primavera e se è vero che tutto è in fiore (stupendo), è anche vero che si
risvegliano i serpenti. E così, mentre passeggiavo arzillo tra le roccette di
fiume, ecco che ti trovo beatamente spaparanzato un red bellied black snake, serpente molto elegante e con tasso di mortalità paragonabile alle nostre
vipere.
Tant’è che viene visto di buon occhio vicino alle abitazioni, in quanto
scaccia serpenti ben più velenosi di lui (in particolare il brown snake, che mi
auguro di vedere solo allo zoo). Corro a prendere la macchina fotografica e
cerco di prendere il suo lato migliore… peccato che sia più impaurito che
altro, e più che mostrarsi cerca di nascondersi.
Poi arriva il momento della risalita, un’altra ora e mezza che ci
spappola definitivamente le gambe, di nuovo panorami mozzafiato (stavolta
appena notati data la vista appannata dalla fame) e, finalmente, il pranzo. Da bravi
italiani invadiamo il tavolino da otto persone con tutta la nostra roba e ci
mettiamo a cucinare col fornellino da campeggio… i sandwich? Lasciamoli agli
anglosassoni.
La mattina ci svegliamo poco prima dell’alba. Un freddo cane. Il fornelletto
ci mette mezz’ora a scaldare due tazze di latte di soia: fa talmente freddo che
il gas si rifiuta categoricamente di decomprimersi. Si preannuncia una bella
giornata di sole, così partiamo di buon’ora per la nostra passeggiata. Il fiume
scorre su un letto di rocce basaltiche, per poi gettarsi in vallata con un
tuffo di un centinaio di metri. Incontriamo un altro black snake e lo lasciamo riposare senza disturbarlo troppo. Durante
la passeggiata un echidna, forse inconsapevole della nostra presenza, ci passa
a un paio di metri di distanza. Un altro animale australiano visto il libertà e
da molto, molto vicino!
Poi, di nuovo in macchina. Si torna a casa, la vacanza è finita.