martedì 24 settembre 2013

Wollomombi 2 + Dangar Falls



La prima parte della camminata è, come dire, tranquilla: qualche salita, qualche discesa, tanto panorama e vedute della cascata da ogni angolazione. Poi, il segnale: “il percorso che porta al fiume è interrotto”. Guardo al di là del segnale… la strada sembra continuare esattamente nello stesso modo di quella che abbiamo appena fatto. Guardo Amélie, le chiedo se le va di provare e a sua (titubante) risposta affermativa, proseguiamo il percorso. Dopo 500 metri il viottolo si trasforma in uno stretto sentierino che scende a zig zag a lato del dorso della montagna. Erba non tagliata, ma si vede che qualcuno recentemente ha battuto il percorso nonostante il segnale di avvertimento. I balordi della guardia forestale segnavano questa discesa come di 400 metri, ma non hanno precisato che erano misurati in linea d’aria. Passiamo la seguente ora e mezza a zigzagare tra percorsi a strapiombo, eucalipti crollati e occasionali wallaby, che al primo rumore scompaiono saltellando nel bosco.  La natura è selvaggia, ma non impervia. Ho trovato più difficoltà in Francia (Lastours) a passare da una parte all’altra della montagna per colpa dei fittissimi cespugli spinosi (che qui sono praticamente assenti). bull ant, grossa minimo un centimetro e mezzo massimo quattro, che pare faccia veramente tanto tanto male. 
Finalmente, dopo aver attraversato con successo alcune passerelle diroccate arriviamo all’agognata meta, l’acqua. Il posto è molto bello, ma non paradisiaco: le formiche in Australia sono una delle rogne più comuni che si è costretti ad affrontare. Non sono mortali, ma diverse specie pizzicano e si fanno ricordare per più e più giorni. Quella che a prima vista sembrava una nobile formica europea, in realtà era una green ant, con la testa di un meraviglioso verde smeraldo ma che (li mortacci sua) pizzica e fa male una cifra. Per fortuna non sono stato ancora preso da una
Dicevo, le formiche pizzicose in Australia sono endemiche per cui il picnic in aree naturali può risultare un pochino ostico, figuriamoci sdraiarsi a prendere un pochino di sole sulla riva di un fiume. Come se non bastasse è primavera e se è vero che tutto è in fiore (stupendo), è anche vero che si risvegliano i serpenti. E così, mentre passeggiavo arzillo tra le roccette di fiume, ecco che ti trovo beatamente spaparanzato un red bellied black snake, serpente molto elegante e con tasso di mortalità paragonabile alle nostre vipere.
Tant’è che viene visto di buon occhio vicino alle abitazioni, in quanto scaccia serpenti ben più velenosi di lui (in particolare il brown snake, che mi auguro di vedere solo allo zoo). Corro a prendere la macchina fotografica e cerco di prendere il suo lato migliore… peccato che sia più impaurito che altro, e più che mostrarsi cerca di nascondersi.
Poi arriva il momento della risalita, un’altra ora e mezza che ci spappola definitivamente le gambe, di nuovo panorami mozzafiato (stavolta appena notati data la vista appannata dalla fame) e, finalmente, il pranzo. Da bravi italiani invadiamo il tavolino da otto persone con tutta la nostra roba e ci mettiamo a cucinare col fornellino da campeggio… i sandwich? Lasciamoli agli anglosassoni.

Satolli ripartiamo per il prossimo campeggio, cinquanta chilometri a ovest sempre sulla via delle cascate: destinazione: Dangar falls. Arrivati e montato il campo a tempo di record, consumata la cena rimaniamo seduti a guardare il tramonto. I kookaburra ridono per l’ultima volta della giornata mentre la notte cala, rivelando le stelle. Noi, col naso all’insù, filosofeggiamo guardando i satelliti passare e qualche randomico meteorite che decide di farla finita trasformandosi in stella cadente. Il bosco è tutto un brulicare di vita e accendendo la torcia scopriamo a pochissimi metri un branco di canguri che pascola nel vicino sottobosco; si sente il rumore delle unghie degli opossum mentre si spostano tra gli alberi e uno passa molto vicino alla tenda, forse sperando di avere del cibo.

La mattina ci svegliamo poco prima dell’alba. Un freddo cane. Il fornelletto ci mette mezz’ora a scaldare due tazze di latte di soia: fa talmente freddo che il gas si rifiuta categoricamente di decomprimersi. Si preannuncia una bella giornata di sole, così partiamo di buon’ora per la nostra passeggiata. Il fiume scorre su un letto di rocce basaltiche, per poi gettarsi in vallata con un tuffo di un centinaio di metri. Incontriamo un altro black snake e lo lasciamo riposare senza disturbarlo troppo. Durante la passeggiata un echidna, forse inconsapevole della nostra presenza, ci passa a un paio di metri di distanza. Un altro animale australiano visto il libertà e da molto, molto vicino!

Poi, di nuovo in macchina. Si torna a casa, la vacanza è finita.

martedì 17 settembre 2013

Wollomombi



Gli 88 giorni necessari per ottenere il rinnovo del Working Holiday Visa si sono conclusi col botto: prima una sfacchinata da paura per montare in tempo il recinto attorno ai laghetti, poi la giornata di "fattoria a porte aperte" in cui Ame e io abbiamo presentato ai gruppi di interessati il funzionamento e le caratteristiche dell'impianto solare... dopo le disavventure della prima settimana siamo diventati abbastanza esperti in materia da permetterci di spiegarne il funzionamento a chiunque!

E poi, finalmente, riposo. I padroni di casa ci hanno detto di prendere fuoristrada, tenda e sacco a pelo e, dopo averci riempito il serbatoio, ci hanno ordinato di prendere qualche giorno di vacanza! Un giorno per cercare una località degna di nota e preparare i bagagli e il giorno dopo eravamo finalmente di nuovo su strada! Come sempre lo spostamento non è stato piccolo in quanto a meno di 150 km non c'è assolutamente niente di notevole. Così, sorvolando l'area con Google Maps, ho trovato verso est una zona ricca di montagne, al di là di Armidale, ad almeno 230 km di distanza da noi.

Una delle cose belle dell'Australia è che le autostrade esistono solo nei pressi delle capitali, quindi tutte le altre strade sono gratuite e con limite ai 100 km orari. Può sembrare basso come limite (e in effetti lo è) ma queste strade raramente presentano lo spartitraffico centrale; inoltre ci può sempre essere un canguro suicida sul ciglio della strada per cui è sempre meglio essere pronti a inchiodare.

Subito dopo Armidale la strada inizia a salire e si passa in un breve tratto di strada dai 300 ai 1000 metri di altitudine. Ci lasciamo così alle spalle il caldo della primavera appena entrata (temperature già sopra i 30 °C) e spalanchiamo i finestrini per far entrare aria fresca. Il sole scotta parecchio in Australia, tanto che un paio di giorni prima mi ero scottato la faccia, alla guida, col sole riflesso sul cruscotto della macchina. Stavolta siamo partiti premuniti con camicia a maniche lunghe e faccia tartinata di crema spf 50+. La cosa assurda è che ci si abbronza lo stesso…

Verso le tre di pomeriggio arriviamo a destinazione: le cascate di Wollomombi all’interno del New England National Park. Niente percorso in fuoristrada come avrei desiderato, ma una comoda strada asfaltata che porta a otto piazzole, fornite rigorosamente di barbecue, un rubinetto di acqua corrente ogni due piazzole, un gabinetto a secco per tutti. Un pannello esplicativo, una busta in cui mettere i soldi per il pernottamento: tre dollari a testa. Nessuno a controllare. Quanta fiducia tra gli australiani!


Mentre montiamo la tenda gli uccelli locali sfoderano tutto il loro repertorio di vocalizzi rincorrendosi tra gli alberi; tempo di cucinarsi degli spaghetti cinesi e il sole già inizia a calare. I kookaburra “ridono” (sghignazzano) in più parti del bosco ricordando a tutti che è ora di andare a dormire; il sole scende lasciando posto al cielo stellato, stelle di un altro emisfero, ma la luna è sempre la stessa e Venere con lei. Osserviamo per un’oretta i cielo, e nel mentre un opossum si avvicina per poi andarsi ad arrampicare sul primo albero disponibile.

Alle cinque di mattina sono di nuovo i kookaburra i primi a farsi sentire, galli dell’emisfero australe, svegliando tutti gli altri animali (e noi con loro). L’aria è pungente, ma si sta bene: il tempo ideale per una bella passeggiata fino alle cascate! Queste sono le terze più alte d’Australia, con un’altezza complessiva di 220 metri. Mentre facciamo colazione due lyrebird(uccello lira), solitamente molto difficili da vedere, fanno capolino e ci passeggiano davanti agli occhi, per poi sparire rapidamente nella foresta senza lasciarci il tempo di scattargli una foto. Sono uccelli imitatori, capaci di riprodurre qualsiasi suono (inclusi clacson, spari e motoseghe!) e il nome deriva dalla forma della coda del maschio, che con le due piume arricciate va a creare una forma di lira.

La prima parte di percorso è semplice, con poca pendenza, e permette di vedere da subito le cascate. Possiamo così scattare subito qualche bella foto e girare i primi filmati. Purtroppo al ritorno abbiamo scoperto che tutti i filmati girati sono senza audio e con un formato video non proprio utilizzabile… sembrano i film degli anni ’30…
A parte ciò, la vallata è stretta e scende molto rapidamente, in alcuni punti a strapiombo. Sarebbe un ottimo posto per il base jumping o per la tuta alare… qualcosa che spero di fare prima di arrivare all’età da infarto!
Per ora ci godiamo il paesaggio con quella che a prima vista sembrava una semplice passeggiata di qualche chilometro.

martedì 3 settembre 2013

Case di pongo (parte seconda)



Sappiamo tutti che in Italia, e generalmente in Europa, le soffitte di casa sono camminabili. Sicuramente polverose, spesso con tubi e corrugati, qualcuna ancora coi cassoni dell’acqua in eternit, ma indubbiamente camminabili. Ma non è così in tutto il mondo.

I padroni di casa sono andati via un week end, lasciandoci nuovamente la proprietà in custodia. Prima di partire ci informano che la malefica cagnetta dallo scarso intelletto, l’ultima volta che se ne sono andati, per ripicca ha tappezzato affettuosamente il mezzo metro quadrato di moquette del disimpegno del piano superiore dei suoi “ricordini”, sia solidi che liquidi.

Così, il venerdì sera, prima di andare a dormire, decido di prevenire lo scempio a salgo al piano di sopra. Il piccolo disimpegno dà su due sole porte: una per l’ufficio della padrona di casa, l’altro per la soffitta. Convinto che in ufficio non avrei trovato nulla per sbarrare la strada dell’infame cagnetto, mi dirigo in soffitta. Ecco all’orizzonte vedo risplendere una valigia apparentemente abbastanza grossa da impedire il passaggio. Muovo un passo, un altro, un altro ancor…CRACK!

Balzo felino all’indietro, stupore, comprensione del danno. Da sotto Ame mi grida qualcosa mentre mi metto le mani tra i capelli. Già, in Australia i soffitti sono fatti di cartongesso, come tutto il resto, per cui se metti un piede nel posto sbagliato sei fregato. Guardo Amélie dal buco, scendo di sotto, guardo il buco.

Per qualche assurda coincidenza non siamo soli: c’è anche un amico di Peter e Sarah che pernotta. Guarda il buco, guarda me. Ci mettiamo a ridere anche se in realtà sono molto preoccupato. Una risata nervosa, ma la situazione è talmente stupida che ridere è il minimo. Ormai il danno è fatto ed è tardi, per cui andiamo tutti a letto. Non riuscendo a prendere sonno decido di pensare subito come intendo agire e, trovata la soluzione, finalmente riesco a prendere sonno.

La mattina il buco è ancora lì. Non era un brutto sogno. Non avendo la faccia di dire ai padroni di casa “guardate, ho fatto un danno”, decido di far scomparire il misfatto. Guardo Julian, l’ospite, e gli dico: “se riesco a farlo scomparire, mi fai una referenza su LinkedIn!”. Lui ride e annuisce, lasciando trapelare incredulità.

Andiamo in città, prendiamo dello stucco mentre il resto lo abbiamo già. Scala a libretto sotto, tanta pazienza, un bel respiro profondo e si inizia il lavoro: prima scontornando i tre pezzi spaccati, in modo da togliere gli eccessi ormai rotti, poi fissandoli al resto con tre tavole di legno e viti e, infine, la stuccatura. Julian passa durante quest’ultima fase, alza gli occhi al soffitto e dice: “umm non sembra male”.

In 20 minuti inizia a tirare e si può dare la prima sgrossata; in realtà col clima asciutto di Gunnedah in mezz’ora riesco tranquillamente a passare la carta vetrata e, dopo un’oretta, passo già la seconda mano di stucco. In due ore è tutto liscio. Julian intanto sta studiando nella sua camera. Preparo la vernice, do una spolverata al soffitto e inizio a passare il rullo. È ormai sera, Julian esce dalla sua stanza e guarda in alto… il suo sguardo si sposta lungo il soffitto mentre la sua espressione vira allo stupore: mi guarda e mi dice: “che fine ha fatto!”. Sorrido, totalmente bianco di polvere e gli dico: “ora sei pronto a farmi una referenza su LinkedIn?”

Bisogna ammettere che mettendo la luce in determinate angolazioni si vede un’ombreggiatura, ma la realtà è che il danno passa totalmente inosservato. Alle otto di sera do l’ultima mano di vernice: 24 ore dal danno e niente sembra successo!

Soffitto dopo asciugatura
Il giorno dopo tornano i padroni di casa, il danno passa totalmente inosservato e anche dopo averglielo detto e averglielo fatto cercare, fanno fatica a trovarlo. In realtà sono anche molto felici che non mi sia fatto male, cosa a cui non avevo minimamente pensato… io sono solo felice di essere riuscito a risolvere un problema del genere in tempo record, senza aver perso la stima di chi mi ospita!

L’unica altra soluzione sarebbe stata attaccare al buco un mini - Babbo Natale e dire che aveva mancato il caminetto!