Il vero problema di trovarsi bene in un posto è che
ci si sposta poco. Raccontare la routine di campagna può anche essere un buon
esercizio di scrittura, ma dubito che appassioni, nonostante non ci sia un
giorno uguale all’altro!
Beh, effettivamente nella routine c’è stato
qualcosa di nuovo: stanno iniziando a nascere i vitellini, con un intero mese d’anticipo
in realtà e, dato che l’erba non è ancora pronta perché non ha fatto la pioggia
giusta nella stagione giusta, questo desta una certa preoccupazione sulla
qualità della loro crescita.
Qui tutti parlano di riscaldamento globale e
cambiamento climatico e tutti sanno benissimo che le ultime stagioni non sono
state come le precedenti. Per chi sta nella città questo non è un problema e
difficilmente si rende conto se salta una pioggia di stagione o se ne arriva
una troppo abbondante nella stagione sbagliata, ma per chi lavora la terra e
per chi vive del proprio pascolo, anche la minima variazione risulta importante
in quanto porta conseguenze sul raccolto e sul bestiame. Il problema è ancora
più sentito quando parliamo dell’entroterra australiano, dove l’acqua scarseggia
da sempre e si fa affidamento esclusivamente sull’acqua piovana!
Pare che politici, governi e grandi aziende stiano
giocando un po’ troppo con l’unico pianeta vivibile che abbiamo a disposizione…
Intanto, nel clima generale del “facciamo tutti
qualcosa di buono per ‘sto pianeta”, il mercato del biologico attira sempre più
persone tanto che nonostante la crisi non solo non soffre, ma è addirittura in
crescita. Ne sa qualcosa il proprietario del mulino di Gunnedah che da diversi
anni si occupa solo ed esclusivamente di farine bio di ogni tipo di cereale che
gli passi per la testa. Visti gli ordini si è visto costretto a comprare di
corsa altri due silos! Il manager ci mostra l’impianto: otto macine in acciaio
a cilindri contrapposti che riducono gradualmente il chicco in farina,
separando ogni fase coi setacci. Mi ricordo quando a Castel Madama, il mio
paese, c’era il mulino. Ci andavo con mia madre e ogni volta rimanevo a
guardare i macchinari come ipnotizzato. La farina era letteralmente ovunque e
ogni singolo componente meccanico era a vista, tanto che il mugnaio mi diceva
di fare attenzione a non mettere le mani in posti sbagliati, o mi ritrovavo
senza. Mi è presa un po’ di nostalgia, anche se l’ambiente era solo in minima
parte comparabile. Tutto pulito, macchine controllate da un computer centrale,
tutto in sicurezza… altri tempi.
Altri tempi sul serio, perché venti anni fa non c’era
la Cina a farci concorrenza! Infatti a quel tempo se volevi un mulino ti
rivolgevi agli italiani o ai tedeschi… al massimo ai russi. Oggi invece il
mulino di Gunnedah è integralmente cinese, a detta del manager copia
spudoratamente identica di un famoso mulino italiano… costato 2 milioni di
dollari, contro gli 8 nostrani e gli 11 di uno tedesco. Mentre gufo sul mulino
cinese sperando che prima o poi ne compri uno italico, il manager ci porta a
zonzo mostrandoci i vari stadi di macinazione, i vari setacci, ci spiega
cordialmente ogni cosa in un australiano parecchio forte ma ancora
comprensibile. Ci spiega anche che i grani australiani (a causa della scarsità
d’acqua) sono talmente duri che se fossero messi a macinare senza prima un
leggero ammollo in acqua, starebbero a rimbalzare sui rulli invece di
rassegnarsi a diventar farina.
Finito il tour al mulino ovviamente abbiamo
comprato un po’ di farina (10 kg), in parte segale integrale, in parte farro. Sì,
perché ultimamente m’è presa passione di fare il pane a pasta acida, quello con
lievito madre tanto buono che si conserva per diversi giorni! Dovete sapere che
in Australia sono all’età della pietra riguardo al pane: hanno principalmente un
tipo di pane bianco, che declinano in mille forme, e dei pani integrali che
sembrano la stessa ricetta di quello bianco. Non c’è una cultura del pane come
in Italia, dove ogni centro maggiore ha il suo pane particolare (penso a quello
di Artena, o quello di Lariano, per non parlare dello splendido pane di
Altamura…) (cavolo, sto sbavando).
Non contenti di sfornare un pane di bassa qualità,
lo riempiono con una barca di ingredienti industriali nutrizionalmente
totalmente inutili, se non dannosi, come gli emulsionanti, i coloranti, i
conservanti, gli stabilizzanti, gli addensanti e chi più ne ha più ne metta.
Motivo per cui, se voglio un signor pane, me lo
devo fare da me, e pare che mi riesca proprio bene!
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