mercoledì 28 maggio 2014

Maledetti limiti



Mi sembrava un po' strano che dovessi completare un corso in sicurezza informatica della durata di cinque ore... Il test finale, poi, sembrava quasi impossibile da passare eppure, dopo numerosi tentativi, ero riuscito ad ottenere un buon 95%. Non male... Mi sembrava un po' strano che un cameriere dovesse essere istruito su cloud computing, VPN, copie di back up... Fino addirittura a coprire segmenti di social engineering e hacking telefonico! Ma era l'unico corso di sicurezza informatica che avessi trovato e così l'ho fatto. Completati così i miei nove corsi ero convinto di poterli sventolare orgogliosamente sotto al naso dell'HR manager.

E invece no. Mi arriva un'email che millanta l'assenza proprio di quel corso di sicurezza informatica.

Preso da ira funesta, a passo veloce mi dirigo in direzione, pronto a scatenare un putiferio. Sto per aprire la porta ed ecco che dall'altro lato della maniglia mi ritrovo le due incriminate del dipartimento risorse umane. Provo a discutere ma non c'è niente da fare. Ho completato un corso di un altro dipartimento, probabilmente quello di IT, e dato che sono i computer a decidere il nostro destino quel corso non mi serve a niente, anche se copre ben oltre quello che mi potrebbe servire. Purtroppo un computer non se ne fa niente della mia ira funesta... Faccio prima a ingoiare il rospo e fare il corso che mi hanno assegnato.

Intanto in albergo le cose procedono molto bene: mi danno sempre più responsabilità e sto coprendo molti dei settori che solitamente sono di responsabilità dei team leader. Un po’ mi dispiace di non poter rimanere più di sei mesi: malgrado non sia il lavoro dei miei sogni mi diverte molto cimentarmi nella scalata professionale e sapere che non mi sarà possibile solo per limiti di visto mi frustra un po’. Ma c’est la vie e non ci posso veramente fare niente!

Nonostante i limiti del caso, mi sto divertendo molto e sto legando con tanti ragazzi e ragazze, principalmente delle regioni asiatiche. Mi diverte soprattutto funzionare da “catalizzatore sociale”, portando tutti a parlare con tutti, indiscriminatamente da dipartimento e grado! Da quando sono entrato il team di cui faccio parte è sicuramente il più allegro e integrato e… penso sia merito mio. Ho promosso fin dal primo giorno l’aiuto reciproco, il dialogo e il gioco tra i tre dipartimenti che convivono nello stesso ambiente (lavapiatti, camerieri e cuochi) e se prima ero l’unico a varcare i confini tra un dipartimento e l’altro ora anche altri stanno vincendo la timidezza e il risultato è un ambiente vivo, con altissima integrazione e in completa sinergia. Mi dispiace per la direzione generale, ma nessuna delle loro imposizioni potrà mai avere lo stesso risultato di un movimento dal basso: il rispetto e l’aiuto reciproco sono cose che si guadagnano individualmente partendo dall’esempio personale. Tentare di imporlo con i codici di comportamento e corsi online è solo una frustrante e inutile perdita di tempo e risorse. È per questo che vorrei poter rimanere di più… vorrei poter cambiare radicalmente la struttura dell’azienda partendo dal basso e dimostrare che con il solo esempio personale si possono risparmiare milioni e generare ulteriori milioni di indotto!

Ma mi sa che questo progetto mi tocca conservarlo per qualche azienda europea o, chissà, magari per quella che aprirò io… chissà dove, chissà quando.


martedì 13 maggio 2014

In questa terra australe



Ebbene sì, sto ancora lavorando in albergo. Ho passato il test dei tre piatti e posso dire con orgoglio che da allora non mi è caduto niente, ma da qui la situazione è tutt’altro che in discesa: entro tre mesi devo completare un corso e passare il test sull’etica e i valori dell’hotel e devo dimostrare di essere diventato indipendente e di saper comprendere ed eseguire gli ordini dei superiori, altrimenti sono OUT. E questo di per se non è un problema. Il vero problema è convivere con il vero e proprio indottrinamento operato a tutti i livelli sulla bontà dell’hotel in questione, sulla sua unicità, eccellenza nella cortesia, qualità… eccetera eccetera… fino alla nausea. Sapere di dover andare a lavoro con la paura di essere interrogato su queste cacchiate, neanche fossi tornato alle elementari, mi deprime.

È inutile pensare a una sponsorship da parte dell’albergo: le leggi in questione sono molto severe e io, non avendo un titolo di studio in hospitality, ne sono escluso in partenza. La mia politica sarà quindi quella di guadagnare quanti più soldi ed esperienza possibili cercando di sopravvivere al lavaggio del cervello avvalendomi di un’antica tecnica spessissimamente utilizzata alle superiori: fare il finto tonto. Potrei anche imparare a memoria le loro filastrocche e, forse, sarebbe anche più facile. Peccato che a me interessi poco quanto sia facile una cosa mentre trovo vitale che debba essere sensata. Accoppierò la forza d’inerzia ad un’elevatissima qualità del lavoro, in modo da rendere palese l’inutilità del loro puerile sistema. Già sanno che il mio lavoro è di qualità: l’hanno notato e dopo nemmeno un mese e mezzo mi lasciano in completa autonomia a gestire le sale e gli ospiti. Proprio questa settimana mi sono state assegnate delle nuove leve e le sto istruendo non solo con quello che ho imparato, ma anche con dei sistemi nuovi che sto creando per ottimizzare il flusso del lavoro. Sembra incredibile ma nonostante la ristorazione sia uno dei lavori più antichi, c’è tanto da ottimizzare e c’è spazio per l’innovazione.

Nel mentre, abbiamo cambiato casa! Ora sono a pochissimi chilometri dall’albergo, solo mezz’ora tra camminata e mezzi! Siamo proprio a ridosso dello Yarra, il fiume di Melbourne, contornato di parchi e riserve. Condividiamo la casa con due ingegneri e uno scrittore laureato in marketing; sommandoci due archeologi (noi due), escono fuori un sacco di discussioni interessanti e scambi di opinioni su argomenti decisamente non comuni! Sono simpatici e alla mano e in nemmeno una settimana ci possiamo definire più che semplici conoscenti o meri coinquilini. Il cambio di zona ha portato parecchia fortuna anche ad Amélie, la quale nel giro di una settimana ha trovato lavoro in una pizzeria a soli 15 minuti di camminata! Tutti gli sforzi per imparare la lingua e adattarsi a questa cultura stanno portando finalmente qualche frutto. Non so quando ce ne andremo via di qua, ma lo faremo a testa alta, consapevoli delle nostre capacità e ricchi di esperienze indimenticabili: un bagaglio fondamentale e spendibile ovunque.

Nel frattempo, tra un turno e l’altro, ho ripreso a studiare 3D Studio Max, un programma di grafica tridimensionale. È una materia che avevo lasciato diversi anni fa ma che oggi sto riabbracciando con rinnovata passione e con la speranza di regalarmi un futuro migliore, possibilmente in Europa.

La voglia di tornare a casa è tanta, nonostante qui abbiamo messo un pezzo di cuore: i nostri primi stipendi, la nostra prima stanza insieme, le prime conquiste, tutte con le nostre gambe. E poi tante, tantissime esperienza, decine di persone preziose che ci hanno guidato, supportato, sopportato, ispirato… Vista così sembra quasi che stia descrivendo la fine di questo viaggio e probabilmente, presto o tardi, la fine del viaggio arriverà.

Ma non oggi. Non ora.

Ci sono ancora tante sorprese e tante sfide per noi in questa terra australe.