lunedì 24 marzo 2014

Adelaide, Mount Gambier, Melbourne



Adelaide è un posto incredibilmente tranquillo. Dopo un paio di giorni capisco perché a Melbourne la chiamino “paese” più che città: non c’è frenesia, dopo le sei di sera la maggior parte dei negozi chiude, è piccolina e, visto il mercato, il museo e la cattedrale non c’è rimasto più un granché da vedere. 

Il museo in realtà merita attenzione: è grande, ben fatto e ha circa un duemila metri quadrati dedicati alla cultura aborigena, con tanto di filmati e ottime didascalie veramente esplicative… penso sia capitato anche a voi di andare a un museo, vedere un vaso, andare poi alla didascalia per saperne di più e leggere “vaso” e pensare “Ma no, veramente? Non l’avrei mai detto!”. Il museo di Adelaide invece si prodiga in spiegazioni di come, da chi e quando venivano utilizzati i vari strumenti, con grande risalto all’aspetto culturale, sacro e cerimoniale di molti degli oggetti esposti. 

Notevole è stato il mio primo contatto con un aborigeno, impiegato nel museo come custode: guardava beato un filmato in cui parlava una donna aborigena, sorrideva, poi si gira verso di me e mi dice “la conosco, siamo della stessa tribù, sono felice di vederla”. Non gli avevo chiesto niente io, ma si è sentito in dovere di giustificare il suo sorriso, o di presentare la sua amica… chissà. In ogni caso l’evento mi ha fornito il pretesto per chiedere il significato di una parola molto utilizzata dagli aborigeni: dreaming – il sogno. Se vi interessate anche solo lontanamente a questa antica cultura saprete che utilizzano la parola “sogno” per praticamente ogni cosa che sia relativo al loro mondo magico/spirituale. Il tempo del principio è il tempo del sogno; gli antenati sono nel sogno e fanno parte del sogno; le loro mappe del territorio sono racconti chiamati linee del sogno… e così via. Così la mia domanda è stata: “cos’è sogno”. Mi ha guardato stupito così ho precisato che veramente non lo sapevo e che non riuscivo a capire cosa fosse sogno nella loro cultura. La risposta è stata enigmatica: sogno è la terra, l’aria, l’acqua e il fuoco, sogno sono gli antenati e i tempi degli antenati dove tutto era perfetto, e tutto questo è la legge. La legge è sogno.

Non so voi cosa possiate pensarne di una frase del genere. Curiosamente la risposta per me è stata soddisfacente e chiara. Ma lascio a voi la vostra personale interpretazione.

Ad ogni modo, se passate per Adelaide, rinomata per il suo mercato della frutta… non andate a comprare la frutta. Vi spelleranno vivi con prezzi superiori a qualsiasi altro posto abbia visitato finora! Invece vale la pena passeggiare per il giardino botanico, ma non se c’è la rinomata gara dei motori V8: in tale occasione il rumore si propagherà senza pietà per tutta la pianura impedendo il riposo dei timpani anche a chilometri di distanza. Cercavamo un po’ di pace nel parco e invece degli uccellini e il rumore del vento sembrava di avere le orecchie su una marmitta.

I giorni passano in fretta e si deve tornare a Melbourne, ma passando per Mount Gambier. Dirottiamo di un centinaio di chilometri per vedere questo lago vulcanico incredibilmente blu. In realtà i laghi vulcanici nella stessa area sono tre, ma solo uno ha questa colorazione viva, pare a causa del fondale basaltico (anche se mi chiedo come mai gli altri non dovrebbero avercelo).
Lo spettacolo è bellissimo ed è valsa certamente tutti i chilometri in più percorsi. 

 
Arrivati a Melbourne i giorni passano senza una risposta; domenica, lunedì, martedì… finalmente mercoledì arriva la chiamata tanto attesa: mi hanno preso! Mi hanno preso all’Hilton! E chi se lo sarebbe aspettato!
Si va così a fare shopping: un paio di scarpe eleganti ma comode, due paia di pantaloni eleganti, qualcosa che mi tenga in ordine i capelli, che ormai hanno superato le spalle.
E poi, il primo giorno di lavoro.

Senza esperienza, in un cinque stelle, a fare il cameriere. La prima giornata assegnata è di 10 ore ed è un’esposizione dentro l’albergo: avete mai provato a girare in mezzo alla gente con un vassoio con dieci bicchieri di cristallo sopra?

Io no. Non ci avevo nemmeno mai pensato.


giovedì 6 marzo 2014

Vento in poppa!



I giorni scorrono lentamente mentre continuo a lavare le immense cisterne. Una dopo l’altra passano da nere a splendenti. Intanto Amélie continua a lavorare solo due giorni a settimana e le è stata prospettata una situazione del genere per i successivi due mesi. Il viaggio sulla Ocean Road non solo ha schiarito le idee ma ha anche restituito la voglia di fare qualcosa di più. È arrivato il momento di andarsene dalla fabbrica per cercare qualcosa di meglio. Il lavoro per me finirà quando finirò di lavare le cisterne e le presse.


Intanto al campeggio ci siamo fatti diversi amici, tra cui Lesley, un giovincello di 86 anni con una vitalità incredibile. Ogni tanto ci racconta qualche storia del suo passato e ci tiene magnetizzati per ore con aneddoti che hanno dell’incredibile… potrebbe tranquillamente scrivere un libro di successo, ma spera che lo facciano le figlie per lui. Racconta di come sia partito per mare a 14 anni e di come abbia vissuto tra America e Australia attraversando mille difficoltà e uscendone sempre a testa alta. Un bagaglio di esperienza incredibile, tanta saggezza accumulata errore dopo errore e, ovviamente, chili di testardaggine. Quando gli abbiamo detto che saremo andati via presto ha subito fatto in modo di “prenotarci” per una cena insieme…

Intanto finisce il lavoro, ed è tempo per gli addii. È tanta la gente che ci ha voluto bene ad Avoca e tutti sono tristi di vederci andare via… siamo tristi anche noi e, anche se il lavoro non ci piaceva un granché, ci dava sicurezza e ci faceva stare tranquilli. Decidere di saltare nel vuoto è certo avventato ma, forse, necessario. Chi non ha lavorato mai in fabbrica penso che faccia fatica a capire quanto sia faticoso e lobotomizzante: partire presto la mattina e arrivare a sera stremati, senza l’energia fisica e/o mentale per fare qualsiasi altra attività, vivere solo nel week end… aspiriamo entrambi a qualcosa di meglio.

Carichiamo il fedele Phurgone con tutta la nostra roba e partiamo per Beaufort, località non troppo lontana dove vive un amico. Rimaniamo lì per una settimana e poi, finalmente, arriva la risposta dall’Hilton Hotel! Sono stato convocato per un colloquio! Era da gennaio che aspettavo una risposta!

Il 25 febbraio arrivo all’Hilton on the Park in giacca nera e camicia bianca, capelli legati e ordinati, scarpe eleganti e un buon paio di pantaloni chiari. Sono l’unico che si presenta in chiaro al colloquio per “food and beverage attendant” (cameriere di sala/al piano e barista) ma a quanto pare riesco a fare buona impressione su tutti i manager. Il giorno prima mio cugino ci propone di fare un salto ad Adelaide e cogliamo al volo l’occasione, così da aspettare la risposta del colloquio impegnando il tempo in qualcosa di piacevole. Ovviamente ci andiamo in macchia: sono solo 725 km…
Partiamo subito dopo il colloquio (13.00) e arriviamo in serata (10.00); mezz’ora in meno di fuso orario e un alloggio trovato all’ultimo minuto ad appena un chilometro dal centro.

La mattina ricevo un messaggio dall’HR manager con scritto “grazie per aver partecipato al colloquio, ci sentiamo stasera”. 

Stasera??? Ma io sono ad Adelaide!!!

Preso dal panico chiamo al volo la manager spiegandole la faccenda, ma mi tranquillizza subito dicendo che mi avrebbe chiamato e che non era necessario che mi presentassi al volo in albergo!
Finalmente tranquilli, possiamo scorrazzare per le strade di Adelaide, tra i banchi di frutta del mercato centrale, un salto all’università, una visita al museo.
A sera arriva un’email con scritto: “La selezione è molto difficile data l’elevata qualità delle candidature, ci riserviamo fino al 5 marzo per dare una risposta”.

Cinque giorni sulle spine.