martedì 18 febbraio 2014

Una mezza verità



Lavorare due giorni a settimana, con il minimo sindacale, non è certo remunerativo e, tantomeno, gratificante. E sarebbe anche accettabile se non fosse che avevano detto che di lavoro ce n’era, e ce n’era tanto. Mentre Amélie è costretta al riposo forzato, io lavoro cinque giorni a settimana portando avanti uno dei lavori peggiori che si possano fare in vineria: pulire le cisterne.

La vineria è continuamente a temperatura ottimale per la replicazione di funghi e batteri; l’umidità nell’aria si attacca alle cisterne e insieme alle polveri fornisce substrato per le muffe che crescono e proliferano indisturbate opacizzando la rilucente superfice d’acciaio. Ma, una volta l’anno, tutto questo deve essere pulito. 76 cisterne d’acciaio, la più piccola da 9000 litri, zozze da far spavento, alcune ricoperte di escrementi di rondini. Contro cotanta sozzura solo un uomo, con una scopa e un secchio.

Solo come un cane inizio l’increscioso lavoro. Ogni mattina riempio il secchio con acqua calda e un sapone fortemente alcalino e mi metto a scrostare mesi di propagazione di spore e replicazione cellulare. Arrivo in posti impensati scoprendo di essere il primo umano in decine di anni a raggiungere queste forme di vita primitive. Senza pietà cerco di arrestare questo rigoglioso filone evolutivo spingendolo in anfratti lontani dal mio acciaio. Il lavoro viene apprezzato molto dalla direzione e ricevo i complimenti da ogni passante e ogni capo. Ma la solitudine non è cosa per me.

Passano dieci giorni, Amélie continua a lavorare solo due giorni. Dentro di me la domanda si fa sempre più forte e, nella solitudine, non c’è nessuno a spegnere la mia rabbia: perché ci hanno mentito. Ma no, non hanno mentito, hanno detto una mezza verità… del resto per me c’è un sacco di lavoro…

La solitudine cresce, nella terza settimana. Parlo con le cisterne e come Quasimodo incomincio a dargli dei nomi. Finite le Tre Marie passo al Big Bang e poi arriva il momento delle Biancone… Canto da solo, parlo da solo... ogni tanto passa qualcuno e nota la mia espressione affranta, ma continuo il mio lavoro. Una di queste volte passa il Manager, mi chiede se va tutto bene. No, non va tutto bene. Lo guardo negli occhi e gli dico: “perché ci avete mentito? Perché avete detto che c’era tanto lavoro e invece lavoro solo io?” Chris si difende, dice che per me il lavoro c’era e che Ame sta sotto un altro manager. Mi consiglia di andarlo a chiedere a lui e mi stupisce con la sua cortesia, nonostante l’aggressione frontale. Mi regala un’ora di pausa pagata per andare a chiarirmi con l’altro manager, a cui pongo la stessa domanda. Pare confuso, non se l’aspettava, parla di un ordine che deve entrare ma non entra… ma la situazione non cambia. Ame continua a lavorare solo due giorni e questo copre solo le spese di cibo e affitto.

Durante il week-end lungo dell’Australia Day ne approfittiamo per schiarirci le idee e ci facciamo una bella scorrazzata di 1200 km per respirare un po’ d’aria sulla costa. La natura come sempre risana i danni creati dall’uomo e regala calma e serenità nei momenti difficili. La Great Ocean Road ci conduce lungo la costa sotto un cielo blu da fotografia, con l’oceano agitato e le onde che spruzzano da sotto gli scogli. Una notte nel bosco, una passeggiata tra gli scogli, qualche profonda chiacchierata con illustri sconosciuti, un rapido bagnetto nell’oceano… l’acqua, così fredda da scoraggiare qualsiasi abitante del mediterraneo: giusto il tempo di farla arrivare alla vita e già si è persa consapevolezza delle gambe! Il vento insistente e fresco verga la restante parte del corpo, rendendo l’esperienza sufficientemente spiacevole da farci desistere.

Si torna ad Avoca. La decisione è presa.





martedì 4 febbraio 2014

A Melbourne col Phurgone



Finalmente Melbourne arriva all’orizzonte. La frizione non ne vuole sapere di collaborare così decidiamo di arrivare il più vicino possibile ad uno dei parenti per poi farci trainare a casa. Ogni semaforo diventa un’agonia e, come se non bastasse, troviamo anche il modo di sbagliare strada. Presto siamo nel bel mezzo del traffico natalizio così, appena trovato un grosso parcheggio, ci infiliamo in volata e chiamiamo il parentado. In mezz’oretta mio zio viene a prenderci e dopo poco il furgone è parcheggiato al sicuro di fronte casa. Natale e capodanno vengono trascorsi tra una cotoletta, un piatto di pasta e ore e ore sotto il furgone. Chi mi segue da lungo tempo sa che non mi spaventano lavori di meccanica e, questa volta, avevo anche l’aiuto di James, cugino acquisito, che nei suoi anni d’oro passava i week-end a smontare e rimontare la propria macchina.

Prima di tutto era partito il cilindro secondario della frizione… introvabile un pezzo di ricambio per un veicolo di 30 anni fa. Alla fine si era rotto solo un anello di gomma, così cerca che ti ricerca, un commesso di Bunnings (la maggiore catena australiana del fai-da-te) ci porta una scatola di rimasugli e pezzetti sparsi e ci dice: “se lo trovate è vostro”. In pochi minuti trovo qualcosa di adatto e il problema si risolve senza spendere un centesimo!

Così, preso il furgone, lo testiamo in giro per la città. Ma qualcosa stava andando storto: acceleravo ma il motore andava su di giri senza che la macchina si muovesse… era partito anche il disco della frizione. Ordiniamo il pezzo a Repco (nota catena di ricambi per auto), e il commesso per chissà quale motivo ci dice un prezzo di 50 dollari inferiore a quello di listino (160). La politica del negozio è di rispettare sempre il primo prezzo detto, così ci portiamo a casa un kit completo per appena 110 dollari! Quando smontiamo la frizione (cosa tra l’altro per niente difficile), troviamo un lato del disco totalmente mancante, più altre parti consunte all’inverosimile. Capiamo che arrivare fino a Melbourne è stato un vero miracolo!

Qualche altra spesuccia per stare più tranquilli (olio motore, olio cambio, filtro olio, tubi dell’acqua nuovi e liquido radiatore) ed ecco che il nostro furgone è di nuovo pronto a partire. Dati gli eventi è stato ribattezzato amichevolmente “phurgone”.

Poi è il momento degli interni. Metto la tappezzeria nuova e trasformo un divano letto in un letto a due piazze, sotto il quale scorrono i cassetti (al momento scatole) con il nostro guardaroba. James ci presta un frigo portatile e il fornellino, mia cugina Betta ci presta il pentolame e, finalmente, siamo pronti per ripartire alla volta di Avoca per continuare a lavorare nella vineria! C’era qualche intenzione di andare in Tasmania, ma di fronte a un guadagno sicuro la scelta è facile da prendere!

Il traffico di Melbourne non è proprio facile da affrontare col phurgone, visto che tutti sfrecciano a destra e a sinistra mentre il vecchietto stenta a raggiungere i 60 km/h in un minuto e mezzo. I suoi 54 cavalli si devono essere trasformati in ciuchini con gli anni. Ma abbiamo la nostra vettura e, per ora, funziona!

Ad Avoca troviamo posto nel campeggio: 140 dollari a settimana per un bel posto al sole, ma i bagni sono nuovi, c’è l’acqua calda e c’è anche una cucina e la lavanderia. A lavoro ci accolgono a braccia aperte e, mentre io vengo spostato in vineria per lavare le taniche d’acciaio, Amélie continua il lavoro sulla catena di imbottigliamento. Tutto sembrava andare per il verso giusto ma venerdì Ame torna con una notizia che sconvolge gli equilibri, qualcosa di difficile da accettare, qualcosa che porterà presto conseguenze: vogliono che lavori solo due giorni a settimana.