martedì 3 dicembre 2013

Un anno dopo



È curioso scoprire, a cena con il capo, i retroscena della propria assunzione. Proprio la settimana prima che portassimo i nostri CV due persone avevano deciso di dimettersi lasciando un vuoto nella programmazione dei lavori. Visti i nostri curricula nella posta elettronica è stato proprio Sean a decidere di assumerci in virtù della sua esperienza in Italia e con gli italiani. In amministrazione ha detto che sa come lavorano gli italiani e che non avremmo dato nessun problema! Curiosamente però non è stata solo la nazionalità a fargli scattare una molla ma anche il nostro curioso CV: non capita tutti i giorni di vedere due archeologi dei paesi islamici con tanto di Laurea Magistrale andare in giro per fabbriche a chiedere lavoro. Per la prima volta, dopo quasi due anni dalla fine della laurea, è stato il nostro titolo di studio a procuraci un pretesto per un colloquio.

E così la cena è trascorsa piacevolmente a parlare dei suoi ricordi dell’Italia, dei motivi della crisi, del perché siamo girovaghi nonostante i titoli accademici… e poi di uva, di vino, di terreni, sole, foglie e grappoli, tutti discorsi decisamente da viticoltore che a me piacciono un sacco: prima o poi avrò la mia vigna e, mentre aspetto di averla, imparo quanto possibile da chi può farmi scuola!

Purtroppo la settimana al cottage è trascorsa rapidamente, ma ci ha regalato attimi di tranquillità e soprattutto una sveglia più tardi: a soli 500 metri dalla fabbrica in bicicletta ci vuole un attimo. Oltretutto la settimana è stata piovosa, quindi ci siamo evitati gli otto + otto chilometri giornalieri sotto la pioggia (andata e ritorno)!

In fabbrica si fa un po’ di tutto: impariamo molto in fretta e siamo considerati “smart” (intelligenti/svegli) dai dipendenti e dai capi. Dato che si lavora con bottiglie di tutte le dimensioni tutto il giorno, abbiamo sviluppato una discreta muscolatura tra spalle, schiena, braccia e mani; le bottiglie vengono prese quattro alla volta, ma chi ha dita più lunghe ne riesce a prendere anche sei. La prima settimana siamo tornati a casa ogni sera con la schiena a pezzi, ma ora il nostro corpo si è abituato agli sforzi prolungati e qualche volta, la sera, continuiamo a lavorare per Mark dipingendo casa.

Non contento di tutte queste benedizioni tutte assieme, Mark, mosso a pietà dalla nostra fatica quotidiana in bicicletta, ha deciso di prestarci la sua macchina per muoverci nell’area! Così ora ci muoviamo liberamente in una vecchia Mercedes dell’82… piede leggero leggero sull’acceleratore, che sennò i sei cilindri si fumano il serbatoio in un paio di minuti, e siamo liberi! In realtà c’è una gran voglia di comprarsi una macchina, anzi, un furgoncino, ma ancora non sappiamo quanto rimarremo. Ora stiamo cavalcando un onda decisamente favorevole ma non abbiamo minimamente idea di dove porti e per quanto la potremo cavalcare prima di saltare su un’altra.

E intanto, zitto zitto, è passato un intero anno in Australia e anche un anno dall’inizio di questo Blog! Ed è arrivato anche il mio compleanno! Il 28 novembre ho compiuto 30 anni e, guarda caso, quel giorno ho stappato ben sessanta bottiglie di vino spumante! Certo, non per berle ma per riattapparle col tappo giusto visto che c’era stato un errore… vi assicuro che dopo la ventesima bottiglia la mano diventa rossa e inizia a fare anche male! Ma è stato bello celebrare in questo modo: lavorare, dopo mesi di inattività e di ricerca, è il più bel regalo che potessi ricevere! L’unica cosa che manca, e tanto, è la presenza di famiglia e amici in Italia… un anno senza poterli abbracciare, ma si sono fatti sentire tutti così tanto e non mi hanno mai fatto sentire solo o dimenticato. È per tutti loro che stappo le mie sessanta bottiglie di spumante e per tutti quelli che non mi hanno dimenticato in un intero anno di assenza.

Grazie di cuore…

martedì 19 novembre 2013

Di-vino



Seduto comodamente su un divano di pelle nera mangio fragole con la panna, mentre guardo dalla finestra la pioggia cadere sul lago. Un paio di ciocchi di legna crepitano nel caminetto di mattoni scaldando l’enorme sala da pranzo... mi sa che mi sfugge qualcosa...

Guardo Amélie e insieme scoppiamo a ridere, pensando a dove siamo e come ci siamo arrivati!



Nell’ultima puntata eravamo andati per vinerie in cerca di lavoro e, proprio il giorno dopo aver pubblicato, siamo stati chiamati per un colloquio a Blue Pyrenees, una delle maggiori aziende produttrici di vino del Victoria e ci è stato offerto a entrambi un posto di lavoro! Inizialmente si sono tenuti sul cauto e ci hanno detto che c’erano solo due settimane di lavoro ma già al secondo giorno, dopo aver visto di che pasta siamo fatti, ci hanno detto che rimarremo per molto di più.



Il giorno del colloquio stavamo andando all’appuntamento in bicicletta (8 km) e, ormai arrivati, una macchina rallenta e ci si ferma accanto. Abbassa il finestrino e un uomo di mezza età dal volto aperto e sorridente dice in perfetto italiano “buona sera!”. Spalanco gli occhi, sorrido e con faccia stupita replico “ci conosciamo?”.

Il signore scuote la testa e comincia a parlare in inglese, dicendo che ha letto il nostro CV e che ci saremmo visti a breve al suo ufficio. Lì scopriamo che è il “viticoltore”, si chiama Sean ed è il manager delle vigne e supervisore della produzione. Ci presenta Hazelie, la manager della produzione e quella che diventerà il nostro diretto superiore. Entrambi sono molto sorridenti e aperti, come la maggior parte dello staff...



Il nostro lavoro consiste nell’assistere in tutti i processi produttivi che vanno dallo spostamento delle bottiglie (già invecchiate) all’inscatolamento del prodotto finito ed etichettato, pronto per essere spedito e venduto. Sembra poco, ma c’è da stupirsi di quanti passi ci siano dietro una bottiglia di vino, e ancora di più ce ne sono dietro una bottiglia di spumante o vino frizzante!



Ma questo non spiega come siamo arrivati nella “Lake House”, il cottage in cui siamo, in mezzo alle vigne. Impiegati a tempo pieno nell’area produttiva della vineria, ci rimane ancora la domenica per lavorare nella casa di Mark dove abitiamo usualmente. Dato che il soffitto è in un materiale parecchio inusuale (truciolato) e sbriciola parecchio, Mark ha chiamato una persona per dipingerlo a spruzzo. Questo significa che era necessario evacuare casa per una settimana. Sapendo che molte attività di campagna dispongono di alloggi per i lavoratori stagionali, Mark ci ha suggerito di farne richiesta. Così, timidamente, siamo andati a chiedere prima ad Hazelie, la quale ci ha spedito dubito in direzione. Lì arriva Sean che sorridente ci dice che non c’è nessun problema a prenotare per noi la Lake House...



... Prenotare?



Già. Ci viene spiegato che un tempo era la casa per i lavoratori stagionali ma che era stata da tempo trasformata in degna residenza per ospiti di un certo calibro. Deglutisco e chiedo “dobbiamo pagare qualcosa?” Gran sorriso e risposta negativa. È tutta per noi ed è gratis! Come se non bastasse, Sean ne approfitta per invitarci a cena a casa sua domenica sera! Ovviamente accettiamo.





Sabato sera, prima di andare a dormire mi metto a compilare la domanda per il visto. Visita medica e controllo dei precedenti penali sono necessari solo in casi sospetti. Dopo 420 dollari e due ore di tempo arriva nella mia casella di posta elettronica la risposta dal Ministero dell’Immigrazione.



Mi è stato accordato il visto per rimanere un altro anno in Australia!



Tante porte si sono aperte una dietro l’altra, in una maniera umanamente inconcepibile... ora cavalchiamo l’onda e vediamo dove ci porterà!

martedì 5 novembre 2013

Avoca



Come previsto il nostro ritorno a Melbourne è stato felicemente accolto da tutta la famiglia! Abbracci, baci, tante chiacchiere ma soprattutto... CIBO!!! Cibo buono, cucinato come si deve, bello saporito e di bell’aspetto!

Ma non c’è solo il cibo italiano e la famiglia a Melbourne: c’è anche il freddo. Partiti in pantaloncini e maglietta dal Queensland, arriviamo attraversando una fitta coltre di nubi. Al di sotto, dieci miseri gradi centigradi, vento e pioggia manco fossimo in Irlanda. Fa freddo pure con la giacca. Non ci eravamo più abituati al clima assurdo di questa città.

Domenica incontriamo Mark e andiamo insieme ad Avoca, piccolissimo centro proprio sotto i cosiddetti “Blue Pyrenees”, regione vinicola con clima e suoli simili a quelli dei Pirenei del nostro emisfero. La casa da ristrutturare ha ospitato per sei anni una famiglia di sfasciacarrozze senza presenza femminile, per cui le condizioni dello stabile necessitano di approfondita pulizia e cura. Passiamo così la prima settimana tra lavaggio di muri, interni ed esterni, e piazzale. Dopo tantissimo olio di gomito scopriamo che la maggior parte delle sale non richiederà nuove mani di vernice e anche l’esterno, tutto sommato, è più che recuperabile!

Nel mentre Mark ci racconta che questa era un’area molto famosa presso i cercatori d’oro: fino alla metà del secolo scorso, intere famiglie emigravano in quest’area per tentare la fortuna, cercando il metallo prezioso camminando per campi e montagne, facendosi assumere in miniera o accovacciandosi a bordo fiume con la classica scodella di metallo per racimolare qualche grammo di polvere. Oggi la gente viene per curiosità, per provare l’emozione di andare a caccia della pepita; affitta un metal detector, una stanza al motel e si mette a passeggiare tutto il giorno tra boschi e pianure. C’è ancora qualcuno che trova qualcosa, ma nessuno pretende di vivere con quello che trova. Durante i tempi (beh, è il caso di dirlo) d’oro, è stata trovata una pepitona alta mezzo metro, larga 35 cm e spessa 25 cm... oggi una replica si può trovare nella biblioteca di Avoca, assieme alle repliche di altre famosissime pepite.

Domenica ne approfittiamo per andare a presentarci di persona nelle aziende vinicole. Il primo tentativo è infruttuoso, ma il proprietario ha una passione sfrenata per gli animali locali, così ci presenta i suoi dingo (varietà montana, molto simili alle iene) e i suoi due canguri domestici che si fanno accarezzare come fossero cani!

Il secondo tentativo porta solo a un contatto telefonico che presto verificheremo, mentre il terzo promette bene: stanno cercando personale e hanno appena messo l’annuncio sui giornali locali! Abbiamo mandato i nostri cv e a breve telefoneremo. Pare che ci sia anche un bar che ha bisogno di personale e in settimana andremo a verificare di persona di cosa si tratta.

Insomma, le cose non vanno affatto male e anzi permettono di pensare positivo. Avevo deciso di non rinnovare il visto se non si fossero presentate opportunità lavorative e ora, già con il lavoro che stiamo facendo per Mark, ho abbastanza soldi per rinnovare il visto e affrontare eventuali spese per controlli medici! Pare quindi che rimarremo almeno fino alla fine del visto di Amélie (Febbraio), se non di più. Tutto dipenderà dalle opportunità che si presenteranno e dalle porte che si apriranno.

Certe volte si mandano centinaia di cv senza avere risposta, poi basta una sola telefonata e si apre un portone, proprio come è successo con Mark. È nostro dovere bussare ad ogni porta, ma non siamo noi che decidiamo quando se ne aprirà una. È un esercizio di pazienza e perseveranza, con una fiducia inesauribile che in un modo o nell’altro... andrà tutto per il verso giusto!